La Galante

Johann Nepomuk Hummel (1778 - 17 ottobre 1837): La Galante, rondò brillante in mi bemolle maggiore per pianoforte op. 120 (1831). Martin Galling.



L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Johann Nepomuk Hummel: il ponte musicale dimenticato tra Classicismo e Romanticismo

Johann Nepomuk Hummel fu un eminente compositore, direttore d’orchestra e pianista austriaco, figura di spicco nel panorama musicale tra l’epoca classica e l’emergente romanticismo. La sua vita, ricca di incontri illustri e innovazioni, lo ha reso un ponte cruciale tra le due epoche. La sua musica giacque nell’oblio per gran parte del XX secolo, per poi essere riscoperta solo di recente.

Infanzia e formazione da Wunderkind
Nato a Bratislava (allora Presburgo, nell’impero asburgico), era figlio di Josef Hummel, direttore della Scuola imperiale di musica militare a Vienna e dell’orchestra del Teatro Schikaneder. Il suo talento precoce fu evidente: a soli 8 anni, impressionò Wolfgang Amadeus Mozart, il quale decise di curare personalmente la sua istruzione musicale. All’età di 9 anni Hummel debuttò in pubblico interpretando uno dei concerti di Mozart; più tardi intraprese una tournée europea con il padre, soggiornando per quattro anni a Londra, dove studiò con Muzio Clementi. In questo periodo, nel 1791, Joseph Haydn compose una Sonata appositamente per lui, che l’eseguì alla presenza del maestro, ricevendo una ghinea come ringraziamento.

Il ritorno a Vienna e le grandi amicizie
Mentre Hummel era ancora in tournée, lo scoppio della Rivoluzione francese lo costrinse a rientrare a Vienna, dove riprese gli studi con Johann Georg Albrechtsberger, Joseph Haydn e Antonio Salieri. Nella capitale asburgica conobbe Beethoven, suo compagno di studi sotto Haydn e Albrechtsberger: la loro fu un’amicizia fondata sul rispetto reciproco, seppur con alti e bassi. Hummel visitò Beethoven sul letto di morte e, dopo la sua scomparsa, partecipò al concerto commemorativo improvvisando al pianoforte, come richiesto dal genio di Bonn. Fu in quest’occasione che strinse amicizia con Franz Schubert, che gli dedicò le sue ultime tre sonate per pianoforte; tuttavia, l’editore, dopo la morte di entrambi, modificò la dedica in favore di Robert Schumann.

Carriera professionale e l’età d’oro di Weimar
La carriera professionale di Hummel fu ricca di prestigiose nomine. Nel 1804 divenne Konzertmeister, poi nel 1809 succedette a Haydn come Kapellmeister presso il principe Nicola II Esterházy a Eisenstadt. Dopo sette anni fu licenziato per negligenza; intraprese allora una tournée in Russia e in Europa, e nel 1813 sposò la cantante d’opera Elisabeth Röckel, dalla quale ebbe due figli. Hummel fu poi Kapellmeister a Stoccarda dal 1816 al 1818 e, dal 1819 fino alla morte, a Weimar. Quest’ultimo incarico fu il più significativo: Hummel trasformò la città in una delle capitali musicali d’Europa, invitando i migliori musicisti dell’epoca; divenne inoltre amico di Goethe e Schiller. Fu un precursore nell’istituzione di programmi pensionistici per musicisti (organizzando concerti di beneficenza) e un convinto sostenitore dei diritti d’autore, battendosi contro la pirateria intellettuale.

Il didatta e l’influenza stilistica
L’influenza di Hummel si estese ben oltre le sue composizioni. Il suo trattato in tre volumi Ausführliche theoretisch-practische Anweisung zum Piano-Forte-Spiel (Istruzioni dettagliate teoriche e pratiche per suonare il pianoforte, 1828) vendette migliaia di copie e introdusse innovazioni nelle diteggiature e nell’esecuzione degli abbellimenti, influenzando profondamente la tecnica pianistica tardo ottocentesca. Ebbe allievi illustri come Carl Czerny, Friedrich Silcher, Ferdinand Hiller, Sigismond Thalberg, Felix Mendelssohn e Adolf von Henselt. Anche Franz Liszt avrebbe voluto studiare con lui, ma a causa di problemi finanziari si rivolse invece a Czerny. L’impronta di Hummel è altresì evidente nelle prime opere di Fryderyk Chopin e Robert Schumann. In particolare, le somiglianze tra i concerti per pianoforte di Hummel (il terzo in si minore e il secondo in la minore) e quelli di Chopin sono tali da far escludere la mera coincidenza, suggerendo che Chopin, avendolo ascoltato in tournée e avendone tenuto i concerti nel proprio repertorio, ne sia stato fortemente influenzato. Analogamente, si ipotizza un’influenza dei Preludi op. 67 di Hummel sui 24 Preludi op. 28 di Chopin. Anche Schumann studiò le opere di Hummel, in particolare la Sonata op. 81.

Lo stile musicale e la produzione artistica
La musica di Hummel, pur mantenendo un legame con il Classicismo, si apre alla modernità. Opere come la Sonata in fa diesis minore op. 81 e la Fantasia op. 18 mostrano una chiara rottura con le strutture armoniche classiche e un’espansione della forma-sonata, evidenziando un approccio innovativo e audace. La filosofia musicale di Hummel è riassunta nel motto «godere del mondo dando gioia al mondo», riflettendo un’estetica non iconoclasta.
Hummel fu uno dei più grandi virtuosi del suo tempo al pianoforte, strumento per il quale compose la maggior parte delle proprie opere: otto concerti, dieci sonate, otto trii, un quartetto, due quintetti e due settimini. La sua produzione include anche un ottetto per fiati, sonate per violoncello e viola, un concerto e una sonata per mandolino, e il celebre Concerto per tromba in mi bemolle maggiore, oltre a musica per pianoforte a quattro mani, 22 opere, Singspiele, messe e altro. È degna di nota l’assenza di sinfonie nel suo catalogo, forse a causa della sua predilezione per il pianoforte o dell’incapacità di seguire le innovazioni beethoveniane in quel genere. Le sue interessanti trascrizioni per pianoforte e orchestra di concerti e sinfonie di Mozart, come il Concerto n. 20 e la Sinfonia n. 40, hanno riscosso un recente successo, grazie a moderne incisioni discografiche.

Gli ultimi anni, l’oblio e la riscoperta
Negli ultimi anni della sua vita, Hummel assistette all’ascesa di una nuova scuola di compositori e virtuosi romantici. La sua musica, caratterizzata da una tecnica impeccabile e un equilibrato classicismo, cominciò a passare di moda, messa in ombra da figure come Liszt e Meyerbeer. Pur avendo ridotto la proria attività compositiva, rimase molto rispettato fino alla sua morte, avvenuta a Weimar nel 1837. Massone come Mozart, lasciò parte del suo famoso giardino alla sua loggia.
Nonostante fosse una celebrità al momento della morte e la sua fama postuma sembrasse garantita, la musica di Hummel fu rapidamente dimenticata, in quanto ritenuta ormai superata. Anche durante la riscoperta del Classicismo all’inizio del XX secolo, Hummel fu ignorato, oscurato da Mozart (a differenza di Haydn, rivalutato più tardi). Tuttavia, grazie alle registrazioni disponibili e ai numerosi concerti dal vivo che oggi si tengono in tutto il mondo, si assiste a una crescente riscoperta e rivalutazione della sua musica, che sta infine ottenendo il riconoscimento che merita come figura-chiave nella storia della musica europea.

Il Rondò brillante in mi bemolle maggiore La Galante
Esempio paradigmatico dello stile maturo di Hummel, questo brano fonde l’eleganza formale del Classicismo con l’emergente predilezione romantica per il virtuosismo e l’espressività pianistica.

Si apre con un’introduzione pacata ma evocativa, caratterizzata da accordi arpeggiati che creano un’atmosfera sospesa, quasi un preludio alla vivacità che seguirà. È un momento di transizione che prepara l’ascoltatore all’entrata del tema.
Il tema principale, in mi bemolle maggiore, si caratterizza per la sua melodia aggraziata e la sua tessitura brillante. La mano destra è protagonista con fioriture e rapide scale ascendenti e discendenti, mentre la mano sinistra fornisce un accompagnamento ritmico e armonico costante, spesso arpeggiato, che sostiene la leggerezza del brano. Il carattere è allegro e “galante”, fedele al titolo, con un senso di eleganza salottiera tipica dell’epoca. Le dinamiche sono inizialmente moderate, suggerendo una conversazione musicale raffinata. Questa prima enunciazione è seguita da una ripetizione con lievi variazioni ornamentali, che ne rafforzano la memorabilità e il fascino, mantenendo la stessa vivacità e grazia.
Successivamente, il tema subisce una leggera elaborazione, con l’introduzione di figurazioni più complesse nella mano destra e un’armonia più ricca, sebbene ancora saldamente ancorata alla tonalità d’impianto. Questo sviluppo porta a una breve fase di transizione, che tocca fugacemente tonalità minori, aggiungendo un accenno di colore malinconico prima di preparare il terreno per l’episodio successivo.
Il primo episodio offre un contrasto melodico e tematico rispetto alla brillantezza del tema principale, con la melodia che diventa più cantabile e lirica, con frasi più distese e meno virtuosistiche, pur mantenendo un’eleganza intrinseca. La tonalità si sposta probabilmente verso la dominante (Si bemolle maggiore), creando un senso di apertura e serenità. La tessitura è leggermente più piena, con la mano sinistra che assume un ruolo più attivo, a volte presentando un contrappunto discreto o un accompagnamento più elaborato che dialoga con la mano destra. Questo episodio, sebbene meno “brillante” in termini di velocità, mostra la capacità di Hummel di creare momenti di squisita bellezza melodica. La ripetizione e lo sviluppo di questa sezione consolidano il suo carattere affabile e cantabile.
La musica quindi si anima nuovamente in una transizione energica, con passaggi scalari e arpeggi rapidi che ristabiliscono la tensione e l’anticipazione, culminando in un ritorno trionfale del tema principale. Questo è un momento chiave, in cui la melodia originale riappare con una vitalità rinnovata e un’ornamentazione ancora più ricca, quasi a riaffermare la sua centralità con maggiore enfasi.
Segue poi il secondo episodio, che rappresenta l’apice del “brillante” nel rondò. Questa sezione è spesso caratterizzata da un maggiore dinamismo, un’esplorazione armonica più audace e modulazioni che possono toccare tonalità più lontane, come la relativa minore (Do minore) o altre aree, per creare una maggiore tensione drammatica e un senso di avventura musicale. La tessitura si fa notevolmente più complessa: il pianista è chiamato a eseguire rapide successioni di scale, arpeggi estesi che coprono l’intera tastiera e passaggi a volte quasi improvvisati, che richiedono un’abilità tecnica eccezionale. È qui che il rondo dispiega appieno il suo carattere virtuosistico, con momenti di grande impatto sonoro e brillantezza esecutiva.
Dopo l’intenso sviluppo di quest’episodio, una transizione estesa e ben costruita prepara l’ascoltatore per l’ennesimo ritorno del tema principale, questa volta presentato con un’ulteriore amplificazione del virtuosismo, rendendolo ancora più sfarzoso e festoso.
A questo punto, Hummel introduce un’ulteriore sezione che funge da terzo episodio o sviluppo esteso. Questa sezione ha un carattere più esplorativo e quasi improvvisatorio, con intricate figurazioni che si snodano sulla tastiera, dimostrando la flessibilità della forma rondò nelle mani di Hummel. Il gioco dinamico e ritmico è sapientemente gestito per mantenere la narrazione musicale fluida e coinvolgente, con un crescendo di complessità tecnica e armonica.
Il culmine di questa fase culmina in una ripresa finale del tema principale, eseguita con la massima brillantezza e intensità, quasi a voler celebrare la melodia principale in tutta la sua gloria. Seguono poi passaggi di transizione che preparano per la coda finale del brano. Questa sezione conclusiva è caratterizzata da figurazioni virtuosistiche che consolidano la tonalità di impianto e da una serie di accordi finali che chiudono la composizione con un gesto energico e risoluto, lasciando un’impressione duratura di eleganza e bravura.

Nel complesso, il pezzo incarna pienamente la maestria del compositore nel genere, combinando melodie accattivanti, architettura formale chiara e un virtuosismo pianistico sfavillante. È un brano che, attraverso le sue sezioni contrastanti e la progressione della brillantezza, offre un viaggio musicale affascinante e una testimonianza del suo ruolo fondamentale nel passaggio tra il Classicismo e il primo Romanticismo.

vabenecosì
Carl Spitzweg (1808 - 1885):
Der Gutsherr (Der Hagestolz), c1847/49

Allegro maestoso – VII

Sigismond Thalberg (8 gennaio 1812 - 1871): Concerto per pianoforte e orchestra in fa minore op. 5 (1830), dedicato a Johann Nepomuk Hummel. Francesco Nicolosi, pianoforte; Razumovsky Symphony Orchestra, dir. Andrew Mogrelia.

  1. Allegro maestoso
  2. Adagio [13:43]
  3. Rondo: Allegro [18:33]

Quel cosacco al di là del Danubio

Anonimo: Їхав козак за Дунай (Ikhav kozak za Dunaj, Cavalcò un cosacco al di là del Danubio), canto tradizionale ucraino, qui interpretato dal cantante e virtuoso di bandura Taras Kom­pa­ni­čenko, da Kiev, con il suo ensemble. Il testo è attribuito al poeta ucraino Semen Klimovskij (1705 - 1785).
Portato nell’Europa occidentale dai soldati dell’esercito zarista in guerra contro Napoleone, questo canto divenne noto nei Paesi di lingua tedesca con il titolo Schöne Minka; nella prima metà dell’Ottocento ispirò diversi compositori.


Carl Maria von Weber (1786 - 1826): [9] Variations sur un air russe per pianoforte op. 40, J. 179 (1814-15). Alexander Paley.


Johann Nepomuk Hummel (1778 - 1837): Variazioni per flauto, violoncello e pianoforte op. 78 n. 2 (1818). Ilma Ensemble: Rosa Sanz, flauto; David Olivares, violoncello; Hernán Milla, pianoforte.


Aleksandr Aleksandrovič Aljab’ev (1787 - 1851): Variazioni sul tema ucraino «Cavalcò un cosacco al di là del Danubio» per violino e orchestra. Aleksandr Trostjanskij, violino; Orchestra Musica Viva, dir. Aleksandr Rudin.


Ludwig van Beethoven (1770 - 1827): Air cosaque: Schöne Minka, ich muß scheiden per canto, violino, violoncello e pianoforte, n. 16 dei Lieder verschiedener Völker WoO 158 (1816-18). Dorothee Wohlgemuth, soprano; Georg Poplutz, tenore; Martin Haunhorst, violino; Bernhard Schwarz, violoncello; Rainer Maria Klaas, pianoforte.

Schöne Minka, ich muß scheiden, ach du fühlest nicht das Leiden,
fern auf freudelosen Heiden, fern zu sein von dir!
Finster wird der Tag mir scheinen, einsam werd ich gehn und weinen;
auf den Bergen, in den Hainen ruf ich, Minka, dir.

Nie werd ich von dir mich wenden; mit den Lippen, mit den Händen
werd ich Grüße zu dir senden von entfernten Höhn.
Mancher Mond wird noch vergehen, ehe wir uns wiedersehen;
ach, vernimm mein letztes Flehen: bleib mir treu und schön!

Du, mein Olis, mich verlassen? Meine Wange wird erblassen;
alle Freuden werd ich hassen, die sich freundlich nahn.
Ach, den Nächten und den Tagen werd ich meinen Kummer klagen;
alle Lüfte werd ich fragen, ob sie Olis sahn!

Tief verstummen meine Lieder, meine Augen schlag ich nieder;
aber seh ich dich einst wieder, dann wird’s anders sein.
Ob auch all die frischen Farben deiner Jugendblüte starben:
ja, mit Wunden und mit Narben bist du, Süßer mein!


Beethoven: Air russe: Schöne Minka, variazioni per flauto e pianoforte op. 107 n. 7 (1817-18). Jean-Pierre Rampal, flauto; Robert Veyron-Lacrois, pianoforte.


Auguste Franchomme (10 aprile 1808 - 1884): Air russe varié pour violoncelle avec accompagnement de quintuor op. 32 (1845). Anner Bylsma, violoncello; L’Archibudelli.


Ma non è finita. Ritroviamo il tema musicale in brani molto più recenti, come per esempio questa canzone proposta negli anni 1940 da Dinah Shore (statunitense di origini russe) e più tardi ripresa da Sandie Shaw:


Alla fine, proporrei di tornare a est per ascoltare il Coro Kubanskij:

Їхав козак за Дунай.
Сказав: «Дівчино, прощай!
Ти, конику вороненький
Неси та й гуляй!»

Та було б, та було б не ходити,
Та було б, та було б не любити,
Та було б, та було б та й не знаться
Чим тепер, чим тепер росставаться!

Постій, постій, козаче,
Твоя дівчина плаче.
«Як ти мене покидаєш!
Тільки подумай!»

Лучше було б, лучше було б не ходити
Лучше було б, лучше було б не любити
Лучше було б, лучше було б та й не знаться
Чим тепер, чим тепер росставаться

«Білих ручок не ламай.
Ясних очок не стирай.
Мене з війни зі славою
К собі ожидай!»

Та було б, та було б не ходити…

«Не хочу я нічого
Тільки тебе одного.
Будь здоров ти, мій миленький
А все пропадай!»

Лучше було б, лучше було б не ходити…

Cavalcò un cosacco al di là del Danubio.
Disse: «Mia bella, addio!
E tu, mio buon cavallo nero,
portami via, andiamo!»

Sarebbe stato meglio non partire,
sarebbe stato meglio non amare,
sarebbe stato meglio non conoscerci
che doverci lasciare ora!

Aspetta, aspetta, cosacco,
la tua bella sta piangendo.
«Mi vuoi abbandonare!
Pensaci bene!»

Sarebbe stato meglio non partire,
sarebbe stato meglio non amare,
sarebbe stato meglio non conoscerci
che doverci lasciare ora!

Non torcerti quelle mani bianche,
non strofinarti quegli occhi chiari,
aspettami: dalla guerra
tornerò coperto di gloria.

Sarebbe stato meglio non partire…

Non voglio nessun altro,
sei tu quello che desidero.
Prenditi cura di te, caro:
solo questo mi sta a cuore.

Sarebbe stato meglio non partire…

Alleluja

Johann Nepomuk Hummel (14 novembre 1778 - 1837): Sonata n. 2 in mi bemolle maggiore per pianoforte op. 13, Alleluja (c1804). Vincenzo Balzani.

  1. Allegro con brio
  2. Adagio con molta espressione [6:06]
  3. Allegro con spirito [12:35]

« Nel primo movimento il primo tema, molto incisivo e accompagnato da un basso stac­ca­tis­simo, è indicato nella sua ultima apparizione con “Alleluja”. Può darsi, ma non si è trovata fino ad ora la fonte, che si tratti di una citazione da una messa o da un oratorio, ma comunque sia il tono di giubilo dell’Alleluja percorre tutto il primo movimento. Il secondo movimento, in forma bitematica tripartita, è una vera e propria scena lirica intensamente patetica, e il terzo movimento riunisce i caratteri dello scherzo e della marcia in quello che in realtà è un vero e proprio concertato operistico » (Piero Rattalino).

Hummel, Sonata Allelulja

Folk songs: 12. Garyone

È possibile far sì che in un breve articoletto siano menzionati Ludwig van Beethoven, grande compositore tedesco nato a Bonn nel 1770, e George Armstrong Custer, famoso mi­li­ta­re sta­tu­ni­tense caduto in battaglia oltre cent’anni più tardi? Sì, è possibile se l’articolo è dedicato a Garyone, una canzone tra­di­zio­nale ir­lan­de­se (in Italia è però diffusa l’erronea convinzione che sia scozzese) le cui origini risalgono alla seconda metà del XVIII secolo. Esperti linguisti as­si­cu­rano che il titolo Garyone (anche Garyowen, Garry­owen, Garry Owen, Garry Owens) sia de­rivato dalla locuzione irlandese garrai Eóins, ossia «il giardino di Eóin» (variante gaelica di John).
Intorno al 1810, di Garyone Beet­hoven eseguì due diverse elaborazioni per canto, violino, violoncello e pianoforte, scritte su commissione di George Thomson (1757 – 1851), compositore e stampatore attivo a Edimburgo: questi aveva avviato un vasto progetto editoriale che prevedeva la pubblicazione di melodie tradizionali irlandesi, scozzesi e gallesi armonizzate e arrangiate da alcuni fra i più celebri musicisti dell’epoca: oltre a Beethoven, parteciparono all’impresa anche Franz Joseph Haydn e Johann Nepomuk Hummel.
Le due versioni beethoveniane di Garyone adottano un testo di tal Trevor Toms, From Garyone, my happy home ; edite a stampa nel 1814 e nel 1816, sono comprese nel catalogo delle opere di Beethoven fra le composizioni prive di numero d’opus (WoO = Werke ohne Opuszahl ) ri­spet­ti­va­mente come WoO 152/22 e WoO 154/7.
 

 
WoO 152/22. Interpreti: Juliette Allen, soprano; Alessandro Fagiuoli, violino; Andrea Musto, violoncello; Jean-Pierre Armengaud, pianoforte.
 

 
WoO 154/7. Interpreti: Kerstin Wagner, contralto; Sachiko Kobayashi, violino; Chihiro Saito, violoncello; Michael Wagner, pianoforte.

From Garyone, my happy home,
Full many a weary mile I’ve come,
To sound of fife and beat of drum,
And more shall see it never.
‘Twas there I turn’d my wheel so gay,
Could laugh, and dance, and sing, and play,
And wear the circling hours away
In mirth or peace for ever.

But Harry came, a blithesome boy,
He told me I was all his joy,
That love was sweet, and ne’er could cloy,
And he would leave me never:
His coat was scarlet tipp’d with blue,
With gay cockade and feather too,
A comely lad he was to view;
And won my heart for ever.

My mother cried, dear Rosa, stay,
Ah! Do not from your parents stray;
My father sigh’d, and nought would say,
For he could chide me never:
Yet cruel, I farewell could take,
I left them for my sweetheart’s sake,
And came, ‘twas near my heart to break
From Garyone for ever.

Buit poverty is hard to bear,
And love is but a summer’s wear,
And men deceive us when they swear
They’ll love and leave us never:
Now sad I wander through the day,
No more I laugh, or dance, or play,
But mourn the hour I came away
From Garyone for ever.


Garyone ispirò anche Mauro Giuliani (1781 – 1829), che ne fece la prima delle sue 6 Arie nazionali irlandesi variate per chitarra op. 125 (c1827); qui è eseguita da William Carroll:


Diffusasi a Limerick nel tardo Settecento come canzone conviviale, Garyone ottenne rapidamente successo tra le file dell’esercito britannico, per il tramite del 5° Reggimento di lancieri (Royal Irish Lancers). Da allora fu adottata quale emblema musicale da numerose altre unità militari, suonata e cantata durante le guerre napoleoniche e poi in Crimea. Attraversò anche l’Oceano Atlantico e giunse negli Stati Uniti, dove nel 1851 fu scelta come canto di marcia dal 2° Reggimento di volontari irlandesi e più tardi dal 7° Reggimento di cavalleria, creato per affrontare le guerre indiane e affidato, fra gli altri, proprio a George Armstrong Custer. Una scena del film agiografico dedicato da Hollywood a questo discusso personaggio (They Died with Their Boots On, 1941, in Italia La storia del generale Custer ; la regia è di Raoul Walsh, protagonista Errol Flynn) racconta in modo romanzato l’episodio — come, del resto, tutta la storia:

We can dare or we can do
United men and brothers too
Their gallant footsteps to pursue
And change our country’s story.

Our hearts so stout have got us fame
For soon tis’ known from whence we came
Where’er we go they dread the name
Of Garryowen in glory.

And when the mighty day comes round
We still shall hear their voices sound
Our clans shall roar along the ground
For Garryowen in glory.

To emulate their high renown
To strike our false oppressor down
And stir the old triumphant sound
With Garryowen in glory.