Anonimo (sec. XVI): Quand je bois du vin clairet, antico tourdion interpretato dall’ensemble tedesco Short Tailed Snails.
Il tourdion o tordion è una danza di coppia, rapida, moderatamente saltata, e costituisce uno degli elementi della bassadanza; affine sotto il profilo musicale alla gagliarda, fu in voga in Francia nel secolo XVI. Una descrizione del modo di danzare il tourdion si trova nel trattato Orchésographie (1589) di Thoinot Arbeau (pseudonimo di Jehan Tabourot):
« L’air du tourdion et l’air d’une gaillarde sont de mesmes, et n’y a différence sinon que le tourdion se danse bas et par terre d’une mesure légère et concise, et la gaillarde se danse haut d’une mesure plus lente et pesante. Tandis que vous faites bien de demander l’air d’un tourdion, car quand les airs sont connus par le danseur, et qu’il les chante en son cœur avec le joueur d’instrument, il ne peut faillir à les bien danser. »
Lo stesso brano interpretato dalla Capella Reial de Catalunya e Hespèrion XXI diretti da Jordi Savall.
Cantus :
Quand je bois du vin clairet,
Amis, tout tourne,
Aussi désormais je bois
Anjou ou Arbois.
Chantons et buvons,
à ce flacon faisons la guerre,
chantons et buvons,
mes amis, buvons donc.
Altus :
Le bon vin nous a rendus gais, chantons,
oublions nos peines, chantons.
En mangeant d’un gras jambon,
à ce flacon faisons la guerre.
Tenor :
Buvons bien, là buvons donc
à ce flacon faisons la guerre.
En mangeant d’un gras jambon
à ce flacon faisons la guerre.
Bassus :
Buvons bien, mes amis, trinquons,
buvons, vidons nos verres.
En mangeant d’un gras jambon
à ce flacon faisons la guerre.
Diego Ortiz (c1510 - c1570): Recercada quinta sobre el passamezzo antiguo: Zarabanda, dal Tratado de glosas (trattato sulle variazioni, 1553). Hespèrion XXI, dir. e viola da gamba Jordi Savall.
Diego Ortiz: Recercada VII sobre la romanesca. Stessi interpreti.
Forse, ascoltando queste recercadas vi sarà venuta in mente Greensleeves: una ragione c’è, ora vedremo di che si tratta.
Passamezzo e romanesca sono danze in voga nel Cinquecento e nei primi anni del secolo successivo. Il passamezzo, di origine italiana, ha andamento lievemente mosso e ritmo binario; sotto il profilo coreutico è molto affine alla pavana, tanto che non di rado, all’epoca, viene con questa identificato: nell’Orchésographie (1588), Thoinot Arbeau scrive che il passamezzo è «une pavane moins pesamment et d’une mesure plus légière». La musica del passamezzo si fonda sopra uno schema armonico caratteristico, non molto dissimile da quello della follia; i musicisti europei tardorinascimentali se ne innamorano e l’impiegano quale base di serie di variazioni e di composizioni vocali: fra gli esempi più celebri vi sono The Oak and the Ash e, appunto, Greensleeves.
Intorno alla metà del Cinquecento, lo schema armonico del passamezzo dà origine a una variante destinata a avere altrettanta fortuna: viene chiamata passamezzo moderno per distinguerla dall’altra, detta conseguentemente passamezzo antico. Nella seconda parte del secolo, a fianco di passamezzo antico e passamezzo moderno entrano nell’uso altre formule armoniche stilizzate, come per esempio quella detta romanesca, dal nome di una danza affine alla gagliarda, di origine forse italiana o forse spagnola. Lo schema della romanesca è quasi identico a quello del passamezzo antico, da cui differisce solo per l’accordo iniziale.
La più antica versione nota di Greensleeves, che risale agli anni ’80 del XVI secolo, si fonda sul passamezzo antico, ma nel volgere di breve tempo viene soppiantata da una variante che adotta il basso della romanesca. Quasi certamente è quest’ultima la versione conosciuta da Shakespeare, il quale per due volte fa riferimento alla «melodia di Greensleeves» nella commedia Le allegre comari di Windsor (ce ne occuperemo presto). La versione originale, identificata nell’Ottocento dal musicografo inglese William Chappell (cui si deve la raccolta Popular Music of the Olden Time, 1855-59), è oggi la più nota e diffusa.
Listening to these recercadas, perhaps Greensleeves will have come to your mind: there’s a reason, now we’ll see what it’s about.
Passamezzo and romanesca were popular dances in the sixteenth and early seventeenth centuries. The passamezzo has Italian origins, slightly fast movement and binary rhythm; the dance is very similar to the pavana, so that in 16th century it was often identified with it: in his treatise Orchésographie (1588) Thoinot Arbeau asserts that the passamezzo is «une pavane moins pesamment et d’une mesure plus légière». The music of the passamezzo is based on a characteristic harmonic pattern, similar to that of the follia; late Renaissance European musicians fell in love with it and used it as a ground for sets of variations and for singing poetry: among the most famous examples are The Oak and the Ash and, precisely, Greensleeves.
Around the middle of the sixteenth century, the harmonic formula of the passamezzo gave rise to a variant that was equally successful: it was called passamezzo moderno to distinguish it from the other, consequently called passamezzo antico. During the second half of the century, alongside the passamezzo antico and moderno, other stylized harmonic formulas came into use, such as for example the romanesca, which took its name from a dance similar to the gagliarda, of Italian or perhaps Spanish origin. The pattern of the romanesca is almost identical to that of the passamezzo antico, from which it differs only in the first chord.
The earliest known version of Greensleeves, dating from about 1580, is based on the passamezzo antico ground, but was soon superseded by a variant adopting the harmonic formula of the romanesca. The latter is almost certainly the version known from Shakespeare, who refers twice to «the tune of Greensleeves» in the play The Merry Wives of Windsor (which we will deal with soon). The original version, identified in the 19th century by the English musicographer William Chappell (who published the collection Popular Music of the Olden Time, 1855-59), is today the best known and most widespread.
Alcune diferencias (= variazioni) di Antonio de Cabezón (30 marzo 1510 - 26 marzo 1566):
Diferencias sobre Guárdame las vacas. Ensemble Accentus, dir. Thomas Wimmer.
Diferencias sobre el canto llano del caballero. Hanneke van Proosdij, clavicembalo.
Diferencias sobre la gallarda milanesa. Arturo Barba all’organo di Julián de la Orden (sec. XVIII) della Chiesa di Nuestra Señora de la Asunción in Villar de Cañas (Cuenca).
Diferencias sobre la pavana italiana. Amaya Fernández Pozuelo, clavicembalo.
Diferencias sobre el villancico ¿Quién te me enojó Isabel?. Claudio Astronio, organo.
Diferencias sobre el canto de La dama le demanda (ossia Belle, qui tiens ma vie di Thoinot Arbeau). Hespèrion XX.
Thoinot Arbeau (pseudonimo di Jehan Tabourot, 1519 - 1595): Belle, qui tiens ma vie, chanson ovvero pavana. La Capella Reial de Catalunya e Hespèrion XXI, dir. Jordi Savall.
Belle, qui tiens ma vie
captive dans tes yeulx,
qui m’as l’âme ravie
d’un soubzris gracieux,
viens tost me secourir
ou me fauldra mourir.
Pourquoy fuis-tu mignarde
si je suis près de toy,
quand tes yeulx je regarde
je me perds dedans moy
car tes perfections
changent mes actions.
Approche donc, ma belle,
approche toy mon bien,
ne me sois plus rebelle
puis que mon coeur est tien,
pour mon mal appaiser,
donne-moy un baiser.
Clément Janequin (c1485 - 1558): Petite nymphe folastre, chanson a 4 voci (pubblicata negli Amours de Pierre de Ronsard, 1552). The Montreal Bach Choir Society, dir. George Little (sopra) e Promusica.
Petite nymphe folastre,
nymphette que j’idolatre,
ma mignonne dont les yeulx
logent mon pis et mon mieux;
ma doucette, ma sucrée,
ma grâce, ma cytherée,
tu me doibs pour m’appaiser
mille fois le jour baiser.
Era il 1970 o giù di lì, avevo 14 anni (o giù di lì) e mi capitò quasi per caso di ascoltare due chansons di Janequin (le Chant des oyseaulx e, appunto, Petite nymphe folastre) interpretate dal coro di Montreal: fu un colpo di fulmine.
Buona festa di san Valentino 🙂
Peter Warlock (pseudonimo di Philip Heseltine; 1894 - 17 dicembre 1930): Capriol Suite (1926), versione per orchestra d’archi. Det Norske Kammerorkester, I violino Henning Kraggerud.
La suite prende spunto da alcune musiche di danza pubblicate nell’Orchésographie (1588) di Thoinot Arbeau (pseudonimo di Jehan Tabourot, 1519 - 1595); seguendo una diffusa consuetudine, il trattato di Arbeau è scritto in forma di dialogo tra l’autore e un immaginario allievo, alquanto ottuso, di nome Capriol.
Michael Praetorius (ovvero Schultheiß; 1571 - 15 febbraio 1621): La Canarie (da Terpsichore, Musarum Aoniarum, 1612, n. 31). Eduardo Antonello esegue tutte le parti.
Canaria o canario (anche canarie, canary) è una danza rinascimentale ispirata da una forma tradizionale propria delle isole Canarie, probabilmente quella nota come tajaraste. Era molto diffusa in Europa fra Cinque e Seicento, tanto che venne menzionata anche da Shakespeare (in Pene d’amor perdute, in Tutto è bene quel che finisce bene e nelle Allegre comari di Windsor). Di andamento rapido, in ritmo ternario o doppio ternario, soddisfaceva la tendenza esotizzante della società del tempo con la bizzarria dei suoi movimenti, che alternavano saltelli e passi martellati (tacco e punta).
Viene menzionata per la prima volta nel Libro de Música de vihuela (1552) di Diego Pisador, che però non la descrive come una danza bensì come un canto funebre (endecha de canario). I più antichi esempi musicali si trovano nei trattati di danza della fine del Cinquecento. Nel Ballarino (1588) Fabrizio Caroso la pone a conclusione della coppia gagliarda-saltarello (o rotta); ne dà inoltre una descrizione completa, come danza autonoma, articolata in sei mutanze (serie di figure). Tanto Thoinot Arbeau nell’Orchésographie (1588) quanto padre Marin Mersenne nell’Harmonie universelle (1636) ne sottolineano il carattere selvaggio. Compare anche nelle Nuove inventioni di balli (1604) di Cesare Negri.
Caduta in disuso, come danza, nella seconda metà del Seicento, entrò tuttavia a far parte della suite strumentale e fu accolta anche nell’opera: se ne possono trovare esempi in composizioni di Jacques Champion de Chambonnières e di François Couperin, nelle Pièces de clavessin op. II (1669) di Johann Caspar Ferdinand Fischer, nel Suavioris harmoniae instrumentalis hyporchematicae Florilegium (1ª parte, 1695) di Georg Muffat e ancora in lavori di Jean-Baptiste Lully, Johann Kusser, Georg Philipp Telemann e Jan Dismas Zelenka, e inoltre nella semi-opera tragicomica in cinque atti di Henry Purcell The Prophetess, or The History of Dioclesian (1695).
Occasionalmente, il ritmo e l’andamento propri di questa danza si trovano in composizioni più recenti, come per esempio la suite Ballet de cour (1901-04) di Gabriel Pierné.
(Testo tratto dal Dizionario di musica della Utet [DEUMM], riveduto e ampliato.)