A proposito della passacaglia

Questo articolo è stato ispirato da Antartica e perciò a lei dedicato.

Passacaglia è il nome generico di una danza secentesca di origine spagnola e della forma musicale tradizionalmente associata alla danza stessa, in ritmo ternario e di andamento lento. Fra Seicento e Settecento la passacaglia si affermò nella musica d’arte assumendo la forma di variazioni sopra un tema, sopra uno schema armonico o sopra un basso ostinato; sotto il profilo musicale, la passacaglia è di fatto simile alla ciaccona, tanto che a lungo i due termini furono considerati equivalenti.
Numerosi musicisti si sono dedicati alla composizione di passacaglie; uno dei primi è Girolamo Frescobaldi:


Nell’ambito della musica teatrale, una passacaglia assai nota si trova nel V atto dell’Armide di Lully:


La Passacaglia con Fuga BWV 582 di Bach è uno dei più grandi capolavori della musica organistica d’ogni tempo:


Fra le passacaglie più celebri va annoverata quella in sol minore di Georg Friedrich Händel; fa parte di una Suite per clavicembalo (la n. 7, HWV 432) ed è una passacaglia sui generis perché ha ritmo binario anziché ternario. La versione originale suona così:


Nel 1897, quasi centoquarant’anni dopo la morte di Händel, il compositore norvegese Johan Halvorsen elaborò un adattamento per violino e viola della Passacaglia in sol minore:


Tanto della versione originale di Händel quanto della rielaborazione di Halvorsen esi­stono vari arrangiamenti per strumenti diversi. Fino a qualche anno fa, un adat­tamento per arpa (eseguito da Anna Palomba Contadino) era ben noto agli abbonati Rai:


Un’altra famosa passacaglia si trova nel IV movimento del Quintettino op. 30 n. 6 di Luigi Boccherini, noto anche come Musica notturna delle strade di Madrid:


È una passacaglia il Finale della Quarta Sinfonia di Brahms, costituito da una serie di 32 variazioni sopra il tema del coro conclusivo («Meine Tage in dem Leide») della cantata Nach dir, Herr, verlanget mich BWV 150 di Bach.


La passacaglia che costituisce il III movimento del Trio per violino, violoncello e pianoforte di Ravel è un brano di straordinaria intensità:


Troviamo una passacaglia, poi, fra i capolavori della musica del Novecento: è l’opus 1 di Anton Webern:


La mente m’è confusa – IV

Johann Sebastian Bach (1685 - 1750): Ach Herr, mich armen Sünder, cantata BWV 135 (1724). Knabenchor Hannover, dir. Heinz Hennig; Collegium Vocale Gent, dir. Philippe Herreweghe; Leonhardt-Consort, dir. Gustav Leonhardt.

  1. Coro: Ach Herr, mich armen Sünder
  2. Recitativo (tenore): Ach heile mich, du Arzt der Seelen [4:45]
  3. Aria (tenore): Tröste mir, Jesu, mein Gemüte [5:53]
  4. Recitativo (contralto): Ich bin von Seufzen müde [9:12]
  5. Aria (basso): Weicht, all ihr Übeltäter [10:10]
  6. Corale: Ehr sei ins Himmels Throne [13:10]

Il primo e l’ultimo brano sono costruiti sulla melodia di Hans Leo Hassler che già conosciamo.


La mente m’è confusa – III

Johann Sebastian Bach (1685 - 1750): « Erkenne mich, mein Hüter », corale (n. 21) dalla Matthäus-Passion BWV 244 (1729). Arnold Schoenberg Chor e Concentus Musicus Wien, dir. Nikolaus Harnoncourt.
Ancora una strofe, la 5a, dal testo di Paul Gerhardt del 1653, sempre con la melodia di Hans Leo Hassler del 1601.

Erkenne mich, mein Hüter,
Mein Hirte, nimm mich an,
Von dir, Quell aller Güter,
Ist mir viel Guts getan.
Dein Mund hat mich gelabet
Mit Milch und süsser Kost,
Dein Geist hat mich begabet
Mit mancher Himmelslust.

BWV 244.21

La mente m’è confusa – II

Johann Sebastian Bach (1685 - 1750): Befiehl du deine Wege, corali BWV 270 e 271 (c1725). Augsburger Domsingknaben, dir. Reinhard Kammler.
Il testo di Paul Gerhardt (1653) è adattato alla stessa melodia di Hans Leo Hassler utilizzata anche per O Haupt voll Blut und Wunden.

Befiehl du deine Wege
und was dein Herze kränkt
der allertreusten Pflege
des, der den Himmel lenkt.
Der Wolken, Luft und Winden
gibt Wege, Lauf und Bahn,
der wird auch Wege finden,
da dein Fuß gehen kann.

BWV 270
BWV 271

La mente m’è confusa – I

Johann Sebastian Bach (1685 - 1750): « O Haupt voll Blut und Wunden », corale tratto dalla Matthäus-Passion (1729). Arnold Schoenberg Chor e Concentus Musicus Wien, dir. Nikolaus Harnoncourt.
Il corale, n. 54 della Matthäus-Passion, utilizza le prime due strofe di un testo di Paul Gerhardt (1653) che adatta in lingua tedesca il Salve caput cruentatum di Arnolfo di Lovanio (sec. XIII). La melodia è tratta da Mein Gmüth ist mir verwirret, una composizione profana di Hans Leo Hassler pubblicata in Lustgarten neuer teutscher Gesäng (1601): ne riparleremo in seguito.

O Haupt voll Blut und Wunden,
Voll Schmerz und voller Hohn!
O Haupt, zum Spott gebunden
Mit einer Dornenkron!
O Haupt, sonst schön gezieret
Mit höchster Ehr’ und Zier,
Jetzt aber höchst schimpfiret:
Gegrüsset sei’st du mir!

Du edles Angesichte,
Vor dem sonst schrickt und scheut
Das grosse Weltgerichte,
Wie bist du so bespeit!
Wie bist du so erbleichet,
Wer hat dein Augenlicht,
Dem sonst kein Licht niet gleichet,
So schändlich zugericht’t?

BWV 244, n. 54

La Giga

Autore non identificato: Fuga a 4 voci in sol maggiore, Alla giga, già attribuita a Johann Sebastian Bach (BWV 577). Matthias Havinga all’organo van Vulpen (1966) dell’Augustanakerk in Amsterdam.

La giga (in francese gigue) è una forma di danza barocca, di andamento rapido e in ritmo doppio ternario, originatasi dalla jig irlandese. Per eseguire la Fuga alla giga gli organisti devono essere provetti ballerini: guardate infatti il nostro bravo e simpatico Matthias, qui sopra, come volteggia agile e leggero sulla pedaliera!

La Fuga BWV 577 — il cui manoscritto originale non è reperibile — non sarebbe opera di Bach: lo affermano, sulla base di considerazioni stilistiche, i più autorevoli studiosi del lascito bachiano. Ferruccio Rivoir, amico, collega e versatile organista, una volta mi confidò: «La Fuga alla giga non è di Bach. Te lo dicono le dita: quando suoni il vero Bach, le dita trasmettono sensazioni del tutto differenti.»

Troppo “facile”, dunque, per essere scaturita dal genio del Kantor di Lipsia, la Fuga in sol maggiore è tuttavia un brano assai gradevole, tant’è vero che è stata fatta oggetto di numerosi adattamenti: eccone alcuni, scelti fra i più interessanti:

  1. un pulsante adattamento di Michiko Noguchi per 2 marimbe e 4 esecutori; The Marimba Duo
  2. un dabadabadattamento per coro a 4 voci; The Swingle Singers
  3. un cinguettante adattamento di tenkon1 per sintetizzatore
  4. una trascrizione per orchestra realizzata nel 1929 da Gustav Holst (1874 - 1934); BBC Philharmonic Orchestra, dir. Leonard Slatkin.

BWV 577

La Dorica

Johann Sebastian Bach (31 marzo 1685 - 1750): Toccata e fuga in re minore (detta Dorica) BWV 538. Ton Koopman all’organo Schnitger (1689-93) della Sankt-Jacobi-Kirche in Amburgo.
Se confrontate questa con altre registrazioni del medesimo brano riscontrerete la differenza di accordatura: per lo strumento di Amburgo è stato in effetti adottato un temperamento mesotonico modificato, con LA a 495,45 Hz.


Falsi celebri

L’articoletto che segue, piccolo omaggio a Umberto Eco (1932 - 19 febbraio 2016), prende in esame alcuni apocrifi di successo 🙂


Remo Giazotto (1910 - 1998): Adagio in sol minore per archi e basso continuo (1957) noto come Adagio di Albinoni. Berliner Philharmoniker, dir. Herbert von Karajan.
Compositore e musicologo, Giazotto compilò fra l’altro il catalogo sistematico delle opere di Tomaso Albinoni (1671-1751). Nel 1958 diede alle stampe l’Adagio attribuendone la paternità al maestro veneziano: si tratterebbe di una sonata a tre della quale sopravvivono soltanto il basso numerato e due frammenti della parte del I violino, dallo stesso Giazotto rinvenuti manoscritti nella Sächsische Landesbibliothek di Dresda. «L’elaboratore ha proceduto alla realiz­zazione del basso numerato superstite sul quale, avvalendosi di due episodi melodici (sei battute in tutto), ha creato e disposto un nesso narrativo che aderisse con assoluta fedeltà al tessuto armonico che il basso numerato originale suggeriva», spiegò lo studioso romano. Dopo la morte del quale, però, si è appurato che la Biblioteca di Dresda non conserva alcun frammento corrispondente alla descrizione, ragion per cui si ritiene che l’Adagio sia interamente opera di Remo Giazotto.


Ludwig NohlLudwig van Beethoven (1770 - 1827) o Ludwig Nohl (1831 - 1885): Für Elise (1810?). Ivo Pogorelich, pianoforte.
La composizione oggi universalmente nota con il titolo Für Elise (Per Elisa) fu scoperta quarant’anni dopo la morte di Beethoven, nel 1867, a Monaco, presso una collezione privata, dallo studioso e scrittore tedesco Ludwig Nohl (nel ritrattino qui a sinistra). Il manoscritto, oggi perduto, secondo la testimonianza di Nohl era datato 27 aprile 1810. Ci si è a lungo interrogati sull’identità della dedicataria: poiché non risulta che Beethoven conoscesse di persona una Elise — si è parlato di Elisabeth Röckel (1793–1883), una cantante tedesca che all’epoca godeva di una certa notorietà, ma non v’è prova che i due si siano incontrati — l’opinione più diffusa è che il nome riportato sulla partitura fosse in realtà Therese (ossia Therese Malfatti von Rohrenbach zu Dezza, amata da Beethoven) e che Nohl abbia mal interpretato la grafia del compositore.
Il brano è incluso nel catalogo beethoveniano come n. 59 dei Werke ohne Opuszahl (WoO = composizioni senza numero d’opus). Va però detto che, dopo accurati studi, il musicologo italiano Luca Chiantore (vedere qui) è giunto alla conclusione che Per Elisa non sia di Beethoven: il vero autore sarebbe proprio Nohl.


Autore non identificato: Valzer in mi bemolle maggiore, attribuito a Fryderyk Chopin (1810 - 1849). Arturo Benedetti Michelangeli, pianoforte.
Di questa composizione — per la verità simile più a un Ländler che a un valzer — l’unica copia manoscritta di cui abbiamo notizia si trovava nell’album personale di Emilia Elsner (figlia di uno dei maestri di Chopin), ove però non era riportato il nome del suo autore; l’album, che conteneva alcuni brani certamente di Chopin, è andato perduto, ma era stato esaminato alla fine dell’Ottocento dal letterato e musicografo polacco Ferdynand Hoesick, il quale ne pubblicò il contenuto in un volume di supplemento all’edizione Breitkopf & Härtel delle opere complete chopiniane (Lipsia, 1902). Il Valzer in mi bemolle, a ben vedere, non ha assolutamente nulla dello stile di Chopin: opinione di diversi studiosi è che l’attribuzione al maestro polacco debba considerarsi una svista di Hoesick.


Johann Peter Kellner? (1705 - 1772): Toccata e Fuga in re minore per organo, attribuita a Johann Sebastian Bach (BWV 565). Michel Chapuis, organo.
Della questione si parlava già all’inizio degli anni 1980: «la composizione organistica nota come Toccata e fuga in re minore, n. 565 del Bach-Werke-Verzeichnis di Wolfgang Schmieder, è opera di Johann Sebastian Bach?» si chiedevano, fra gli altri, Peter Williams (BWV 565: A toccata in D minor for organ by J.S.Bach?, in «Early Music» 9/3, 1981) e David Humphreys (The D minor Toccata BWV 565, ibid. 10/2, 1982). La discussione è tuttora viva, ma è assai probabile che nelle prossime edizioni del catalogo bachiano dovremo andare a cercare il numero 565 fra le opere spurie.
Riassumendo:

  • Il più antico manoscritto noto della Toccata e fuga è una copia eseguita da Johann Ringk (1717-1778), allievo di un allievo di Bach. Studiando il documento, Williams è giunto a questa con­clusione: non si tratta di un’opera originale, bensì della trascrizione di un brano ori­gi­na­ria­mente concepito per violino solo.

  • Humphreys ha attribuito il brano a Johann Peter Kellner, allievo di Bach intorno al 1729 e maestro di Ringk.

  • Bernhard Billeter ritiene invece che si tratti di un adattamento di un brano clavicembalistico (Bachs Toccata und Fuge d-moll für Orgel BWV 565 – ein Cembalowerk?, in «Die Musik­forschung» 50/1, 1997).

  • Nel 1995 Rolf Dietrich Claus ha pubblicato uno studio (Zur Echtheit von Toccata und Fuge d-moll BWV 565, Colonia, Verlag Dohr) nel quale sostiene che la composizione, di probabile origine violinistica, non può essere un’opera giovanile di Bach – come si era sempre pensato, ritenendo di poter così giustificare le sue molte incongruenze – e giunge alla conclusione che debba essere attribuita a un compositore della generazione dei figli di Bach. Nella 2ª edizione ampliata (1999) Claus risponde punto per punto a coloro che avevano criticato e confutato le sue tesi.

  • Nel 2000 Stephan Emele presenta una dissertazione dedicata a Kellner (Ein Beispiel der mitteldeutschen Orgelkunst des 18. Jahrhunderts: Johann Peter Kellner), considerato quale probabile autore della Toccata e fuga in re minore. L’analisi stilistica è dettagliata e abbastanza convincente (si veda il sito della Johann-Peter-Kellner-Gesellschaft).

  • Nel 2005 Eric Lewin Altschuler ipotizza che tanto la Toccata e Fuga BWV 565 quanto la Ciaccona della Seconda Partita per violino BWV 1004 potessero essere in origine brani per liuto (Were Bach’s Toccata and Fugue BWV565 and the Ciaccona from BWV1004 Lute Pieces?, in «The Musical Times» 146/1893).

Penso che chiunque abbia un po’ di dimestichezza con le composizioni del Kantor di Lipsia difficilmente potrà trovarsi in totale disaccordo con gli studiosi sopra menzionati: BWV 565 non sembra essere di Bach; la magniloquenza fine a sé stessa, l’elementare semplicità dell’armonia, l’inconsistenza del contrappunto sono rivelatrici. Il vero Bach è altrove.

La Canarie

Michael Praetorius (ovvero Schultheiß; 1571 - 15 febbraio 1621): La Canarie (da Terpsichore, Musarum Aoniarum, 1612, n. 31). Eduardo Antonello esegue tutte le parti.

Canaria o canario (anche canarie, canary) è una danza rinascimentale ispirata da una forma tradizionale propria delle isole Canarie, probabilmente quella nota come tajaraste. Era molto diffusa in Europa fra Cinque e Seicento, tanto che venne menzionata anche da Shakespeare (in Pene d’amor perdute, in Tutto è bene quel che finisce bene e nelle Allegre comari di Windsor). Di andamento rapido, in ritmo ternario o doppio ternario, soddisfaceva la tendenza esotizzante della società del tempo con la bizzarria dei suoi movimenti, che alternavano saltelli e passi martellati (tacco e punta).
Viene menzionata per la prima volta nel Libro de Música de vihuela (1552) di Diego Pisador, che però non la descrive come una danza bensì come un canto funebre (endecha de canario). I più antichi esempi musicali si trovano nei trattati di danza della fine del Cinquecento. Nel Ballarino (1588) Fabrizio Caroso la pone a conclusione della coppia gagliarda-saltarello (o rotta); ne dà inoltre una descrizione completa, come danza autonoma, articolata in sei mutanze (serie di figure). Tanto Thoinot Arbeau nell’Orchésographie (1588) quanto padre Marin Mersenne nell’Harmonie universelle (1636) ne sottolineano il carattere selvaggio. Compare anche nelle Nuove inventioni di balli (1604) di Cesare Negri.
Caduta in disuso, come danza, nella seconda metà del Seicento, entrò tuttavia a far parte della suite strumentale e fu accolta anche nell’opera: se ne possono trovare esempi in composizioni di Jacques Champion de Chambonnières e di François Couperin, nelle Pièces de clavessin op. II (1669) di Johann Caspar Ferdinand Fischer, nel Suavioris harmoniae instrumentalis hyporchematicae Florilegium (1a parte, 1695) di Georg Muffat e ancora in lavori di Jean-Baptiste Lully, Johann Kusser, Georg Philipp Telemann e Jan Dismas Zelenka, e inoltre nella semi-opera tragicomica in cinque atti di Henry Purcell The Prophetess, or The History of Dioclesian (1695).
Occasionalmente, il ritmo e l’andamento propri di questa danza si trovano in composizioni più recenti, come per esempio la suite Ballet de cour (1901-04) di Gabriel Pierné.
(Testo tratto dal Dizionario di musica della Utet [DEUMM], riveduto e ampliato.)


La Cantata del caffè

Questa sera vi propongo un breve ma efficace video divulgativo, pubblicato proprio oggi da Francesco Di Fortunato nel suo canale di YouTube Musica antica (for dummies) e dedicato alla genesi della Cantata del caffè (Schweigt stille, plaudert nicht BWV 211) di Johann Sebastian Bach, composta nel 1734 circa su testo di Picander, al secolo Christian Friedrich Henrici.

  1. scoperta e diffusione del caffè
  2. Bach a Lipsia [1:44]
  3. la Cantata del caffè [2:51]
  4. analisi musicale [3:38]
  5. i pregiudizi sul caffè [6:23]
  6. conclusione [8:12]

Dopodiché, ecco la Cantata del caffè in una pregevole interpretazione: Lucie Chartin, soprano (Liesgen); Jan-Willem Schaafsma, tenore; Mattijs van de Woerd, basso (Schlen­drian); membri della Nederlandse Bachvereniging, dir. e violino I Shunske Sato.

Mentre gli altri preparano la scena, ricostruendo (più o meno) il Cafè Zimmermann di Lipsia ove la cantata fu eseguita per la prima volta, gli strumentisti eseguono un brano di Telemann – così, giusto per scaldare i motori…

– Georg Philipp Telemann (1681 - 1767): Distrait, V movimento del Quartetto in mi minore per flauto traverso, violino, violoncello e basso continuo TWV43:e4 (1738).

  1. Schweigt stille (recitativo) [1:44]
  2. Hat man nicht (aria) [2:26]
  3. Du böses Kind (recitativo) [5:09]
  4. Ei! wie schmeckt (aria) [5:53]
  5. Wenn du mir nicht (recitativo) [10:33]
  6. Mädchen, die von harten (aria) [11:51]
  7. Nun folge (recitativo) [14:33]
  8. Heute noch (aria) [15:31]
  9. Nun geht (recitativo) [22:18]
  10. Die Katze läβt (terzetto) [23:09]

Testo

1. Rezitativ (Tenor)

Schweigt stille, plaudert nicht
Und höret, was itzund geschicht:
Da kömmt Herr Schlendrian
Mit seiner Tochter Liesgen her;
Er brummt ja, wie ein Zeidelbär;
Hört selber, was sie ihm getan!

1. Recitativo (Tenore)

Fate silenzio, non parlate,
e ascoltate che cosa succede:
ecco il signor Schlendrian
con sua figlia Liesgen;
brontola come un vecchio orso,
sentite da voi che cosa gli ha fatto!

2. Arie (Schlendrian)

Hat man nicht mit seinen Kindern
Hunderttausend Hudelei!
Was ich immer alle Tage
Meiner Tochter Liesgen sage,
Gehet ohen Frucht vorbei.

2. Aria (Schlendrian)

Non si hanno, con i figli,
che centomila grattacapi!
Ciò che sempre ogni giorno
ripeto a mia figlia Liesgen
se ne va via senza frutto.

3. Rezitativ (Schlendrian, Liesgen)

Du böses Kind, du loses Mädchen,
Ach! wenn erlang ich meinen Zweck:
Tu mir den Coffee weg!
Herr Vater, seid doch nicht so scharf!
Wenn ich des Tages nicht dreimal
Mein Schälchen Coffee trinken darf
So werd ich ja zu meiner Qual
Wie ein verdorrtes Ziegenbrätchen.

3. Recitativo (Schlendrian, Liesgen)

– Bambina cattiva, ragazzaccia,
ah!, quando vorrai obbedirmi,
fa’ sparire quel caffè!
– Signor padre, non siate così severo!
Se tre volte al giorno
non bevo la mia tazzina di caffè,
per mia disgrazia mi trasformo
in un arrosto di capra rinsecchito.

4. Arie (Liesgen)

Ei! wie schmeckt der Coffee süße,
Lieblicher als tausend Küsse,
Milder als Muskatenwein.
Coffee, Coffee muss ich haben,
Und wenn jemand mich will laben,
Ach, so schenkt mir Coffee ein!

4. Aria (Liesgen)

Oh, com’è dolce il caffè,
più soave di mille baci,
più amabile del moscato!
Caffè, caffè io devo avere;
e se qualcuno mi vuole compiacere,
ah!, mi versi del caffè!

5. Rezitativ (Schlendrian, Liesgen)

– Wenn du mir nicht den Coffee lässt,
So sollst du auf kein Hochzeitfest,
Auch nicht spazierengehn.
– Ach ja!
Nur lasset mir den Coffee da!
– Da hab ich nun den kleinen Affen!
Ich will dir keinen Fischbeinrock nach itzger Weite schaffen.
– Ich kann mich leicht darzu verstehn.
– Du sollst nicht an das Fenster treten
Und keinen sehn vorübergehn!
– Auch dieses; doch seid nur gebeten
Und lasset mir den Coffee stehn!
– Du sollst auch nicht von meiner Hand
Ein silbern oder goldnes Band
Auf deine Haube kriegen!
– Ja, ja! nur lasst mir mein Vergnügen!
– Du loses Liesgen du,
So gibst du mir denn alles zu?

5. Recitativo (Schlendrian, Liesgen)

– Se non smetti di bere il caffè
non andrai più a una festa di nozze
e nemmeno a passeggiare.
– Ah va bene!
Purché mi lasciate il caffè!
– Ora ti tengo, scimmietta!
Non avrai più nemmeno una crinolina,
fatta come moda comanda.
– Posso anche farne a meno.
– Non potrai più stare alla finestra
a guardare la gente che passa!
– Va bene anche questo. solo vi prego
di non toglierrmi il caffè!
– E da me non avrai più
nastri d’argento né d’oro
per il tuo cappello!
– Sì, sì! Ma lasciatemi il mio piacere!
– Discola d’una Liesgen,
accetterai dunque qualsiasi punizione?

6. Arie (Schlendrian)

Mädchen, die von harten Sinnen,
Sind nicht leichte zu gewinnen.
Doch trifft man den rechten Ort,
O! so kömmt man glücklich fort.

6. Aria (Schlendrian)

Le ragazze dalla testa dura
non son facili da domare.
Ma se si tocca il tasto giusto
Oh!, allora se ne viene a capo!

7. Rezitativ (Schlendrian, Liesgen)

– Nun folge, was dein Vater spricht!
– In allem, nur den Coffee nicht.
– Wohlan! so musst du dich bequemen,
Auch niemals einen Mann zu nehmen.
– Ach ja! Herr Vater, einen Mann!
– Ich schwöre, dass es nicht geschicht.
– Bis ich den Coffee lassen kann?
Nun! Coffee, bleib nur immer liegen!
Herr Vater, hört, ich trinke keinen nicht.
– So sollst du endlich einen kriegen!

5. Recitativo (Schlendrian, Liesgen)

– Obbedisci al volere di tuo padre!
– Farò ogni cosa, salvo che per il caffè.
– Molto bene! Allora ti dovrai rassegnare
a non prendere mai marito!
– Oh, sì! Signor padre, un marito!
– Ti giuro che non l’avrai.
– Se non smetto di bere caffè?
Allora, caffè, rimani dove sei!
Padre, ascoltate, non ne berrò più.
– E così alla fine potrai avere un marito!

8. Arie (Liesgen)

Heute noch,
Lieber Vater, tut es doch!
Ach, ein Mann!
Wahrlich, dieser steht mir an!
Wenn es sich doch balde fügte,
Dass ich endlich vor Coffee,
Eh ich noch zu Bette geh,
Einen wackern Liebsten kriegte!

8. Aria (Liesgen)

Oggi stesso,
caro padre, fatelo!
Ah, un marito!
Davvero fa per me!
Oh, accadesse presto
che finalmente, invece del caffè,
prima di andare a letto
trovassi un fiero amore!

9. Rezitativ (Tenor)

Nun geht und sucht der alte Schlendrian,
Wie er vor seine Tochter Liesgen
Bald einen Mann verschaffen kann;
Doch, Liesgen streuet heimlich aus:
Kein Freier komm mir in das Haus,
Er hab es mir denn selbst versprochen
Und rück es auch der Ehestiftung ein,
Dass mir erlaubet möge sein,
Den Coffee, wenn ich will, zu kochen.

9. Recitativo (Tenore)

Ora il vecchio Schlendrian va e cerca,
come ha promesso a sua figlia Liesgen,
un uomo che possa farle da marito;
ma Liesgen di nascosto fa saper questo:
che nessuno spasimante venga da me
se prima non mi prometterà,
scrivendolo nel contratto di nozze,
che mi sarà concesso di farmi un caffè
ogni volta che ne avrò voglia.

10. Chor (Terzett)

Die Katze lässt das Mausen nicht,
Die Jungfern bleiben Coffeeschwestern.
Die Mutter liebt den Coffeebrauch,
Die Großmama trank solchen auch,
Wer will nun auf die Töchter lästern?

10. Terzetto

Come il gatto non lascia il topo,
così le ragazze non rinunciano al caffè.
Le loro madri amano farne uso,
e anche le nonne lo bevevano:
Chi dunque vorrà imprecare contro le figlie?