È Marte?

Il francese Pierre Guédron (c1566 - c1620), cantante e compositore, scrisse pregevoli airs de cour; uno di questi, Est-ce Mars? (1613), ebbe una certa notorietà e ispirò brillanti variazioni a diversi musicisti dell’epoca: le più famose sono opera di Jan Pieterszoon Sweelinck (1562 - 1621).
Del testo di Est-ce Mars?, adespoto, sono noti soltanto i primi quattro versi; ma in tempi recenti il poliedrico artista svizzero Gaël Liardon (1973 - 2018) ne aggiunse altri trentadue, assai spiritosi:

Est-ce Mars, le grand dieu des alarmes,
Que je vois?
Si l’on doit en juger par ses armes,
Je le crois.
Son carquois semble rempli d’éclairs,
Fuyons, fuyons! Tous à couvert!

Rajustant mes lunettes, j’observe
Que ce n’est
Pas le frère ombrageux de Minerve
Qui m’effrai’.
C’est le fils de Vénus, quel beau jour!
C’est Cupidon, le dieu d’Amour!

Mais à peine ai-je pu reconnaître
Ce charmeur
Qu’une flèche enflammée pénètre
Dans mon cœur.
En hurlant, je m’écroule à ses pieds
Ainsi qu’un arbre foudroyé.

Puis survient un troisième prodige :
Quel émoi!
Il se change en Vénus callipyge
Devant moi!
Et la flèche en mon cœur se faufil’
Jusque dans mon talon d’Achill’.

Fou d’amour, je gémis, j’agonise,
Implorant.
Mais la belle est myope et méprise
Mon tourment.
Sans un mot, elle lève les yeux
Et s’en retourne dans les cieux.

La morale à la fin de la fable,
La voilà:
Lorsque Mars apparaît très affable
Et qu’il a
Les appas d’une nymphe, crois-moi,
C’est un nouveau cheval de Troi’!


Delle variazioni di Sweelinck si trovano in rete varie interpretazioni; ho scelto quelle di Ernst Stolz al virginale e Matteo Imbruno all’organo della Chiesa evangelica di Uttum, ma altre sono altrettanto belle e interessanti.



Sopra Est-ce Mars? il compositore nederlandese di origine piccarda Nicolas Vallet (c1583 - c1642) scrisse per un insieme di quattro liuti alcune variazioni, l’ultima delle quali in tempo di courante (danza in ritmo ternario); sono qui eseguite da Les Luths Consort.


La raccolta di musica tastieristica cinque-secentesca nota come Fitzwilliam Virginal Book contiene una breve serie di varazioni composte da Giles Farnaby sulla stessa melodia di Est-ce Mars? ma con il misterioso titolo di The New Sa-Hoo. Qui di seguito l’interpretazione di Stolz e un arrangiamento per 5 ottoni eseguito dal Leipziger Blechbläser Quintett.



La Spagnoletta

Anonimo (secolo XVI): La spagnoletta. Valéry Sauvage, liuto.


Anonimo: Spagnoletta, dalla raccolta di danze Il ballarino (1581) di Marco Fabritio Caroso (1526/31 - p1605). Micrologus & Cappella de’ Turchini.


Giulio Caccini, detto Giulio Romano (1546 - 1618): Non ha ’l ciel cotanti lumi, aria a 1 voce e basso continuo (dalle Nuove musiche e nuova maniera di scriverle, 1614); testo forse di Ottavio Rinuccini (1562 - 1621). Montserrat Figueras, soprano; Hopkinson Smith, tiorba; Jordi Savall, viola da gamba; Xenia Schindler, arpa doppia.

Non ha ’l ciel cotanti lumi,
Tante still’ e mari e fiumi,
Non l’April gigli e viole,
Tanti raggi non ha il Sole,
Quant’ha doglie e pen’ogni hora
Cor gentil che s’innamora.

Penar lungo e gioir corto,
Morir vivo e viver morto,
Spem’ incerta e van desire,
Mercé poca a gran languire,
Falsi risi e veri pianti
È la vita degli amanti.

Neve al sol e nebbia al vento,
E d’Amor gioia e contento,
Degli affanni e delle pene
Ahi che ’l fin già mai non viene,
Giel di morte estingue ardore
Ch’in un’alma accende amore.

Ben soll’io che ’l morir solo
Può dar fine al mio gran duolo,
Né di voi già mi dogl’io
Del mio stato acerbo e rio;
Sol Amor tiranno accuso,
Occhi belli, e voi ne scuso.


Giles Farnaby (c1563 - 1640): The Old Spagnoletta (dal Fitzwilliam Virginal Book, n. [CCLXXXIX]). Christopher Hogwood, clavicembalo.


Bernardo Storace (c1637 - c1707): Aria sopra la Spagnoletta (da Selva di varie compositioni d’intavolatura per cimbalo et organo, 1664). Matteo Imbruno all’organo della Oude Kerk di Amsterdam.

Paul’s Wharf

Anonimo (XVII secolo): Pauls Wharfe, contraddanza (da John Playford, The English Dancing Master, Londra 16511, n. 86); arrangiamento per liuto di Pascale Boquet. Valéry Sauvage.


Giles Farnaby (c1563 - 1640): Pawles Wharfe (dal Fitzwilliam Virginal Book, n. [CXIII]). Pieter-Jan Belder, clavicembalo.
Secondo alcuni studiosi, sarebbe proprio Farnaby l’autore della gradevole melodia.


William Brade (1560 - 1630): Ein Schottisch Tanz (da Newe ausserlesene liebliche Branden, Intraden, Mascharaden, Balletten, All’manden, Couranten, Volten, Aufzüge und frembde Tänze, Amburgo 1617). Hespèrion XXI, dir. Jordi Savall.


Shakespeariana – XXVI

Calleno custure me

Anonymous (16th century): Calleno custure me, song. Alfred Deller, countertenor; Desmond Dupré, lute.

When as I view your comely grace
  Calleno custure me,
Your golden hairs, your angel’s face,
  Calleno custure me.

Your azure veins much like the skies
Your silver teeth, your crystal eyes.

Your coral lips, your crimson cheeks
That gods and men both love and leeks.

My soul with silence moving sense
Doth wish of God with reverence.

Long life and virtue you possess
To match the gifts of worthiness.


The recurring line (chorus) which gives the song its title is probably an adaptation to the English pronunciation of the Irish Cailín ó chois tSiúre mé, i.e. « I am a girl from the Suir-side » (Suir is a river in Ireland that flows into the Atlantic Ocean near Waterford): a harp composition with this title is mentioned in a seventeenth-century Irish poetic text.
The earliest known source for the tune (no text) is William Ballet’s Lute Book, a composite volume containing lute tablature dating back to the late 16th century and owned by the Library of Trinity College, Dublin. Here the piece is performed by Dorothy Linell:


On this tune William Byrd (c1540 - 1623) composed a short but flavorful set of variations for keyboard instrument, preserved in the Fitzwilliam Virginal Book under the title Callino Casturame (n. [CLVIII]). YouTube offers various performances: I chose those of David Clark Little on the virginal and Lorenzo Cipriani on the organ.



Calleno custure me often appears in anthologies of Shakespearean music: it is in fact mentioned in Henry V (act 4, scene 4) within a pun that sounds a bit silly today, but which bears witness to the song’s popularity in Shakespeare’s time.
The scene takes place before the battle of Azincourt: Pistol, the king’s old party companion, surprises a French soldier, Le Fer, who has infiltrated the English lines. Fearing that Pistol wants to kill him, the Frenchman tries to cajole him, however speaking to him in his own language:
« Je pense que vous êtes gentilhomme de bonne qualité. »
Unable to understand even a syllable, Pistol replies by mimicking Le Fer’s speech, the sound of whose words evidently reminds him of our song:
« Qualtitie calmie custure me!  »
In short, he mimics it with a kind of “meh, meh, meh” but more elegant 🙂
Then Le Fer agrees with Pistol, who frees him for the price of two hundred crowns.

Shakespeariana – XXVI

English translation: please click here.

Calleno custure me

Anonimo del XVI secolo: Calleno custure me. Alfred Deller, controtenore; Desmond Dupré, liuto.

When as I view your comely grace
  Calleno custure me,
Your golden hairs, your angel’s face,
  Calleno custure me.

Your azure veins much like the skies
Your silver teeth, your crystal eyes.

Your coral lips, your crimson cheeks
That gods and men both love and leeks.

My soul with silence moving sense
Doth wish of God with reverence.

Long life and virtue you possess
To match the gifts of worthiness.


Il verso ricorrente che dà titolo alla composizione è probabilmente un adattamento alla pronuncia inglese della frase in gaelico irlandese Cailín ó chois tSiúre mé, ossia « Sono una ragazza delle rive del Suir » (fiume che sfocia nell’Atlantico in prossimità di Waterford): la frase compare quale titolo di una composizione per arpa in un testo poetico irlandese del XVII secolo.
La più antica fonte nota della melodia (priva di testo) è il William Ballet’s Lute Book, una raccolta manoscritta di composizioni intavolate per liuto, risalente al tardo Cinquecento e conservata nella Biblioteca del Trinity College di Dublino. Qui il brano è interpretato da Dorothy Linell:


La melodia è stata rielaborata da William Byrd (c1540 - 4 luglio 1623) in una breve ma saporita serie di variazioni per strumento a tastiera, tramandataci dal Fitzwilliam Virginal Book con il titolo Callino Casturame (n. [CLVIII]). YouTube ne offre numerose interpretazioni: ho scelto quelle di David Clark Little al virginale e Lorenzo Cipriani all’organo.



Resta da segnalare che Caleno custure me figura spesso nelle antologie di musiche scespiriane: è infatti citata nell’Enrico V (atto IV, scena 4a) in un gioco di parole che oggi suona alquanto insulso, ma che testimonia la popolarità della canzone all’epoca del Bardo.
La scena si svolge prima della battaglia di Azincourt: Pistol, vecchio compagno di bagordi del re, sorprende un soldato francese, Le Fer, infiltratosi fra le linee inglesi. Temendo che l’altro voglia ammazzarlo, il francese tenta di blandirlo, parlandogli però nella propria lingua:
« Je pense que vous êtes gentilhomme de bonne qualité. »
Non riuscendo a comprendere nemmeno una sillaba, Pistol risponde scimmiottando la parlata di Le Fer, il suono delle cui parole evidentemente gli rammenta il titolo della nostra canzone:
« Qualtitie calmie custure me!  »
Gli fa insomma il verso, una specie di “gnegnegné” ma più raffinato 🙂
Le Fer poi si accorda con Pistol, che in cambio di duecento scudi lo lascia libero.

Il mio primo Byrd

William Byrd (c1540 - 4 luglio 1623): The Earl of Salisbury Pavan (1612 o prima). Simone Stella, spinetta.

Il titolo di questo post non fa riferimento a una raccolta di pezzi facili, bensì al mio primo incontro con la musica di Byrd, che avvenne, eoni fa, appunto per il tramite di questa bella pavana. Brano assai apprezzato da diversi musicisti, britannici e no, alcuni dei quali l’hanno elaborato per organici differenti: oltre alla trascrizione di sir Barbirolli (I movimento della sua Elizabethan Suite) ne segnalo una per quartetto d’archi di John Liberatore e un’altra, piena di pathos, concepita per un ampio complesso sinfonico da Leopold Stokowski:


Da sottolineare il fatto che Stokowski ha utilizzato come sezione centrale un’altra composizione di Byrd, una giga tratta dal Fitzwilliam Virginal Book (n. CLXXXI), e non una delle due gagliarde associate alla pavana nella prima edizione a stampa (il volume antologico Parthenia, del 1612).

Fernando De Luca, clavicembalo.

Per lord Lumley

John Bull (c1562 - 15 marzo 1628): Pavan & Galliard of My Lord Lumley, dal Fitzwilliam Virginal Book (nn. XLI e XI). Robert Hill, clavicembalo.

  1. Pavan
  2. Galliard [4:42]

John Lumley, barone di Lumley (1533 - 1609), fu un aristocratico e letterato inglese, noto come uno dei maggiori collezionisti di libri della sua epoca.

Dimmi, Daphne

Giles Farnaby (1563 - 25 novembre 1640): Daphne e Tell mee, Daphne per strumento a tastiera (dal Fitzwilliam Virginal Book, n. [CXII] e [CCLXXX]). Pieter-Jan Belder, clavicembalo.


Tell mee, Daphne nell’arrangiamento per ottoni di Elgar Howarth. Brass X.

Daphne

Folk songs: 6. The Oak and the Ash

 
Anonimo (secolo XVI): The oak and the ash, ovvero The Northern Lasse’s Lamentation. Alfred Deller, controtenore; Desmond Dupré, liuto.

A North Country maid up to London had strayed
Although with her nature it did not agree,
She wept, and she sighed, and she bitterly cried:
I wish once again in the North I could be.
Oh the oak and the ash and the bonnie ivy tree,
They flourish at home in my own country.

While sadly I roam, I regret my dear home
Where lads and young lasses are making the hay,
The merry bells ring and the birds sweetly sing,
And maidens and meadows are pleasant and gay.
Oh the oak and the ash and the bonnie ivy tree,
They flourish at home in my own country.

No doubt, did I please, I could marry with ease,
Where maidens are fair many lovers will come.
But he whom I wed must be North Country bred,
And carry me back to my North Country home.
Oh the oak and the ash and the bonny ivy tree,
They flourish at home in my own country.


Una serie di variazioni sulla melodia di The Oak and the Ash, opera di Giles Farnaby (c1563 - 1640), si trova con il titolo Quodlings Delight nel Fitzwilliam Virginal Book (n. [CXIV]). Qui la composizione di Farnaby è interpretata al clavicembalo da Pieter-Jan Belder:


La medesima melodia ha inoltre dato origine a diverse danze popolari, fra cui una contraddanza pubblicata con il numero 52 nella fortunata raccolta The English Dancing Master (16511) di John Playford: il brano reca il suggestivo titolo di Goddesses, probabilmente ispirato da quello di un masque, The Vision of the Twelve Goddesses, scritto da Samuel Daniel e rappresentato nel 1604. Ecco Goddesses in un arrangiamento di Bernard Thomas interpretato dal bravissimo Nicolas Fendt, che suona chitarra rinascimentale, liuto-chitarra, flauto dolce soprano, contralto, tenore e basso, e percussioni: