Il catalogo è questo

Giuseppe Gazzaniga (1743 - 1º febbraio 1818): «Dell’Italia, ed Alemagna», aria di Pasquariello dal I atto del dramma giocoso Don Giovanni o sia Il convitato di pietra (1786) su libretto di Giovanni Bertati. Alfredo García, baritono; María Rodríguez, soprano; Real Orquesta Sinfónica de Sevilla, dir. Pablo González.

PASQUARIELLO
Per me… sentite… vi dirò… siccome…

DONNA ELVIRA
Non confonderti.

PASQUARIELLO
Oibò: non v’è pericolo.
Siccome io dico, che Alessandro il Grande…

DONNA ELVIRA
E che c’entra Alessandro!

PASQUARIELLO
C’entra; e statevi cheta.
Siccome, io dico, che Alessandro il Grande
non era giammai sazio
di far nuove conquiste, il mio padrone
se avesse ancora cento spose, e cento,
sazio non ne sarìa, né mai contento;
egli è il Grande Alessandro delle femmine;
onde per far le sue amorose imprese
spesso, spesso cangiar suol di paese.

DONNA ELVIRA
Dunque ha dell’altre femmine?

PASQUARIELLO
Ih, ih! Se voi volete averle in vista
ecco signora mia, quest’è la lista.
(getta una lista di alcuna braccia di carta)
Dell’Italia, ed Alemagna
ve n’ho scritte cento, e tante.
Della Francia, e della Spagna
ve ne sono non so quante:
fra madame, cittadine,
artigiane, contadine,
cameriere, cuoche, e guattere;
perché basta che sian femmine
per doverle amoreggiar.
Vi dirò ch’è un uomo tale,
se attendesse alle promesse,
che il marito universale
un dì avrebbe a diventar.
Vi dirò che egli ama tutte,
che sian belle, o che sian brutte:
delle vecchie solamente
non si sente ad infiammar.

PASQUARIELLO
Vi dirò…

DONNA ELVIRA
Tu m’hai seccata.

PASQUARIELLO
Vi dirò…

DONNA ELVIRA
Non più: va’ via.

(insieme)
PASQUARIELLO
Vi dirò che si potria
fin domani seguitar.

DONNA ELVIRA
Il mio cor da gelosia
tutto sento a lacerar.


Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791): «Mada­mina, il ca­talogo è que­sto», aria di Leporello dal I atto del dramma giocoso in 2 atti Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni K 527 (1787) su libretto di Lorenzo Da Ponte. Ferruccio Furlanetto, basso; Orchester der Wiener Staatsoper, dir. Zubin Mehta.

Questo non picciol libro è tutto pieno
dei nomi di sue belle.
Ogni villa, ogni borgo, ogni paese
è testimon di sue donnesche imprese.

Madamina, il catalogo è questo
 delle belle che amò il padron mio;
 un catalogo egli è che ho fatt’io:
 osservate, leggete con me.
In Italia seicento e quaranta,
 in Lamagna duecento e trentuna,
 cento in Francia, in Turchia novantuna,
 ma in Ispagna son già mille e tre.
V’ha fra queste contadine,
 cameriere, cittadine,
 v’han contesse, baronesse,
 marchesane, principesse,
 e v’han donne d’ogni grado,
 d’ogni forma, d’ogni età.

Nella bionda egli ha l’usanza
 di lodar la gentilezza;
 nella bruna, la costanza;
 nella bianca, la dolcezza.
Vuol d’inverno la grassotta,
 vuol d’estate la magrotta;
 è la grande maestosa,
 la piccina è ognor vezzosa.
Delle vecchie fa conquista
 pe’l piacer di porle in lista:
 ma passion predominante
 è la giovin principiante.
Non si picca se sia ricca,
 se sia brutta, se sia bella:
 purché porti la gonnella,
 voi sapete quel che fa.

La muta di Portici

Daniel Auber (29 gennaio 1782 - 1871): Ouverture per l’opera La Muette de Portici (1828). Symfonický orchester Slovenského rozhlasu v Bratislave (Orchestra sinfonica della Radio slovacca di Bratislava), dir. Ondrej Lenárd.

Per la composizione, Auber si avvalse inizialmente di un libretto di Germain Delavigne intitolato Masaniello, ou la Muette de Portici; il testo fu poi riscritto da Eugène Scribe. Rifiutata in un primo tempo dal «comitato di lettura» dell’Opéra di Parigi (che le preferì Masaniello ou le Pêcheur napolitaine di Michele Carafa), l’opera andò in scena il 28 febbraio 1828 riscuotendo grande successo: nel corso di quell’anno ebbe più di cento repliche.

Fidelio & Leonore

Ludwig van Beethoven (1770 - 1827): Fidelio, ouverture in mi maggiore per la 3ª e defi­ni­tiva versione (1814) dell’opera omonima. Wiener Philharmoniker, dir. Claudio Abbado.

Fidelio in una figurina del cioccolato

L’unica opera di Beethoven fu originariamente composta su un libretto che Joseph Sonnleithner aveva ricavato da un dramma di Jean-Nicolas Bouilly, Léonore, ou L’amour conjugal, andato in scena nel 1798 con parti cantate scritte da Pierre Gaveaux, il quale nella prima rap­pre­sen­ta­zione aveva soste­nuto il ruolo del protagonista ma­schile, Florestan.
L’opera beethoveniana ebbe una gestazione tra­va­glia­tis­si­ma: iniziata nel 1803, la composizione si trascinò, fra dubbi, pause e ripensamenti, fino al 1805. Fu rap­pre­sen­tata a Vienna, con il titolo Leonore oder Die eheliche Liebe (Leonore ovvero L’amor coniugale, op. 72), il 20 novembre di quell’anno al Theater an der Wien. Un insuccesso. I cantanti non erano dei mi­gliori, l’opera era troppo lunga (3 atti) e il pubblico era costituito perlopiù da ufficiali francesi – la capitale asbur­gica era allora occupata dalle truppe napoleoniche – che non capivano il tedesco.
Nei mesi successivi Beethoven decise di sottoporre il la­voro a una profonda revisione, affidandosi per il libretto all’amico Stephan von Breuning. La nuova versione in 2 atti fu allestita, con il titolo Leonore (op. 72a), il 29 marzo 1806 nel medesimo teatro, e neanche questa volta ebbe successo. Otto anni dopo Beethoven tornò a ri­ma­neg­gia­re l’opera su richiesta del sovrintendente del Kärnthner­thor-Theater (Teatro di Porta Carinzia), dove andò in scena il 23 maggio 1814 con il titolo Fidelio (op. 72b) e libretto riscritto da Georg Friedrich Treitschke. Questa è la versione che si impose definitivamente.

Della faticosa gestazione del Fidelio sono testimonianza anche le quattro ouvertures che Beethoven scrisse per l’opera: una per la prima versione (nota anche come Leonore 2), una per la seconda (Leonore 3), una per una rappresentazione praghese mai realizzata (op. 138, detta Leonore 1), e infine quella del 1814. Delle Leonore, la più bella è senza dubbio la n. 3, un vero capolavoro che qui possiamo ascoltare eseguita dagli stessi interpreti di cui sopra:
 

Protagonista del Fidelio è appunto Leonore, una donna coraggiosa e determinata, assai più di tutti i comprimari messi insieme. La vicenda si svolge in Spagna, presso Siviglia, nel XVII secolo. — ATTO I. Florestan, marito di Leonore, è stato ingiustamente imprigionato per ordine del crudele Pizarro, governatore della prigione di Siviglia, suo nemico giurato. Per entrare nella prigione, dove Florestan è rinchiuso ormai da due anni, e tentare di aiutarlo, Leonore si traveste da uomo, assume il nome di Fidelio e si fa assoldare quale inserviente dal carceriere Rocco, un uomo di buon cuore che ha una figlia, Marzelline. Tutto questo è l’antefatto: la prima scena si svolge nel cortile della prigione, davanti all’abitazione di Rocco e Marzelline; quest’ultima è corteggiata da Jaquino, un dipendente del padre, ma è segretamente innamorata di Fidelio; Jaquino cerca di farsi benvolere da Marzelline, ma la giovane lo respinge. Giungono Fidelio e Rocco; il carceriere ha intuito quali siano i sentimenti della figlia e medita di darla in sposa a Fidelio. Consapevole di aver suscitato la simpatia di Rocco, Fidelio gli chiede di poter scendere con lui nei sotterranei: sa infatti che vi è rinchiuso un prigioniero importante e spera che questi sia Florestan. Intanto Pizarro viene a sapere che il ministro Don Fernando, sospettando irregolarità nella gestione del carcere, intende compiervi un’ispezione; Pizarro teme che Don Fernando scopra la prigionia di Florestan, amico carissimo del ministro, e decide di sopprimere il proprio nemico: comunica perciò a Rocco che il re ha condannato a morte Florestan e offre una borsa piena di monete d’oro al carceriere se ucciderà egli stesso il prigioniero. Rocco non ha cuore di accettare, tuttavia non può rifiutare di eseguire gli ordini del governatore: dovrà dunque procurare sepoltura al condannato, e in questo si farà aiutare da Fidelio. Più tardi, quando Fidelio e Marzelline gli chiedono di lasciare uscire dalle celle per breve tempo i prigionieri, Rocco accondiscende. Ma sopraggiunge Pizarro, che vedendo i carcerati in libertà va su tutte le furie; Rocco riesce a chetarlo, ricordandogli l’ordine che ha ricevuto e che sta per eseguire. I prigionieri, fra i quali non v’è Florestan, devono però ritornare in cella.

Fidelio in una figurina dell’estratto di carne

ATTO II. Florestan è incatenato in una cella sot­ter­ranea; sfinito, nel delirio crede di vedere Leonore e di poter fuggire con lei in un regno di libertà e felicità. Rocco scende nel sot­ter­ra­neo per svuotare una ci­ster­na in cui conta di gettare il corpo del condannato; il carceriere è ac­com­pa­gnato da Fidelio/Leonore, che vede il marito, gli si avvicina e lo riconosce. So­spet­tava già che il pri­gioniero da sop­pri­mere fosse Florestan, e ora ne ha la conferma. In quel momento giunge Pizarro, deciso a uccidere con le proprie mani Florestan, ma Leonore si rivela e fa scudo al marito con il proprio corpo, poi minaccia il governatore con una pistola. Uno squillo di tromba annuncia l’arrivo di Don Fernando: Pizarro non ha scampo. Rocco rivela le trame del governatore al ministro, che fa uscire dalle celle i prigionieri e consegna solennemente a Leonore le chiavi con cui la donna stessa ridà la libertà a Florestan.

Casa, dolce casa

Quando, per pura curiosità, ho cercato “home sweet home” nel web, sono rimasto alquanto sorpreso: nei primi 150 risultati della ricerca eseguita tramite Google, non compare nemmeno una volta il nome di Henry Bishop.
“Musicista?” chiederete voi. Certo: sir Henry Rowley Bishop (18 novembre 1786 - 1855) scrisse un gran numero di cantate, balletti e opere liriche; fra queste ultime si annovera Clari, or The Maid of Milan (1823), composta su libretto dello statunitense John Howard Payne: fa parte dell’opera l’aria «Mid pleasures and palaces» nota, per via del refrain, appunto con il titolo Home! Sweet Home! Qui potete ascoltarla nell’interpretazione del soprano Greta Bradman accompagnata dall’arpista Suzanne Handel:

Mid pleasures and palaces though we may roam,
Be it ever so humble, there’s no place like home;
A charm from the skies seems to hallow us there,
Which seek thro’ the world, is ne’er met elsewhere.
Home! Home!
Sweet, sweet home!
There’s no place like home,
There’s no place like home!

An exile from home splendor dazzles in vain.
Oh, give me my lowly thatched cottage again,
The birds singing gaily that came at my call
And gave me the peace of mind, dearer than all.
Home! Home!
Sweet, sweet home!
There’s no place like home,
there’s no place like home!

Home! Sweet Home! venne pubblicato come brano a sé stante, in un primo tempo con la dicitura «composed and partly founded on a Sicilian Air» (in seguito Bishop ammise di aver inventato questo particolare a scopo promozionale). Divenne subito incre­di­bil­mente popolare: in breve tempo ne furono vendute oltre centomila copie. Nel 1852, curata dall’autore, ne uscì una nuova edizione a stampa come parlour ballad (cioè, in sostanza, una romanza da camera), e in questa veste ottenne ampio successo anche negli Stati Uniti: difatti, ancora oggi è spesso presente nelle antologie di musiche risalenti agli anni della guerra di secessione (1861-1865).

La vasta popolarità di cui Home! Sweet Home! godette nel corso dell’Ottocento è testimoniata dal fatto che la sua melodia è citata in varie composizioni dell’epoca. Già nel 1827 venne utilizzata dallo svedese Franz Berwald (1796 - 1868) nella sezione mediana, Andante con variazioni, del suo Konzertstück per fagotto e orchestra op. 2 — qui interpretato da Patrik Håkansson con l’Orchestra sinfonica di Gävle diretta da Petri Sakari:

[l’Andante con variazioni ha inizio a 5:43]

Altra citazione celebre si trova all’inizio della «scena della pazzia» (aria «Cielo, a’ miei lunghi spasimi», atto II, scena 3ª) nella tragedia lirica Anna Bolena, rappresentata nel 1830, di Donizetti (1797 - 1848) — ascoltate Maria Callas:


Risale al 1855 circa l’opus 72 di Sigismond Thalberg (1812 - 1871), Home! Sweet Home! Air Anglais varié per pianoforte; nel video qui sotto è eseguito da Dennis Hennig:


Un’altra breve serie di variazioni, per cornetta a pistoni sola, si deve a Jean-Baptiste Arban (1825 – 1889); per ascoltarla (o riascoltarla) — potete farlo leggendo (o rileggendo) allo stesso tempo uno spassoso racconto di Jerome K. Jerome — cliccate qui.

Voglio menzionare ancora, per finire, la Fantaisie sur deux mélodies anglaises per organo op. 43 di Alexandre Guilmant (1837 - 1911): in questa composizione, del 1887 circa, Home! Sweet Home! è associato a un altro famosissimo brano inglese, Rule, Britannia! di Thomas Arne (1710 - 1778). Ecco la Fantaisie di Guilmant eseguita da Bernhard Schneider all’organo Klais della Chiesa di Sankt Aegidien in Braunschweig:


In marble halls

Michael William Balfe (1808 - 20 ottobre 1870): «I dreamt that I dwelt in marble halls», aria di Arline (soprano) dall’o­pera The Bohemian Girl (1843), atto II, scena 1a. Dame Joan Sutherland, soprano; London Symphony Orchestra, dir. Richard Bonynge (registrazione del 1962).

I dreamt that I dwelt in marble halls,
With vassals and serfs at my side,
And of all who assembled within those walls,
That I was the hope and the pride.
I had riches too great to count, could boast
Of a high ancestral name;
But I also dreamt, which pleas’d me most,
That you lov’d me still the same.

I dreamt that suitors sought my hand,
That knights upon bended knee,
And with vows no maiden heart could withstand,
They pledg’d their faith to me.
And I dreamt that one of that noble host
Came forth my hand to claim;
But I also dreamt, which charm’d me most,
That you lov’d me still the same.


La rivisitazione di Enya.
 

Balfe, Marble halls

La Dame blanche

François-Adrien Boieldieu (1775 - 8 ottobre 1834): Ouverture per l’opéra-comique La Dame blanche (1825). Symfonický orchester Slovenského rozhlasu, dir. Ondrej Lenárd.

Il libretto, di Eugène Scribe, si fonda su episodi tratti da non meno di cinque opere di Walter Scott, fra cui i romanzi Guy Mannering (1815), The Monastery e The Abbott (1820).
La vicenda si svolge in Scozia nel 1759. ― ATTO I: il conte e la contessa Avenel sono morti in esilio, lasciando la curatela dei loro averi all’avido Gaveston; l’eredità spetterebbe al figlio dei conti, Julien, ma questi è scomparso senza lasciare traccia. Nelle terre degli Avenel, il fittavolo Dickson e sua moglie Jenny vorrebbero battezzare il loro figlio neonato, ma non hanno nessuno che possa fare da padrino; si offre di assumersi questo compito un giovane di passaggio, George Brown, ufficiale dell’esercito inglese che, a seguito di una ferita rimediata in guerra, ha perso la memoria. Dickson informa George sulle vicende del castello di Avenel, che presto sarà messo all’asta da Gaveston, il quale conta di acquistare il maniero e con esso il titolo nobiliare. Jenny canta una ballata che narra della Dama bianca, il misterioso fantasma che si aggira fra le mura del castello. A sua volta, George racconta di essere alla ricerca della giovane sconosciuta che si era presa cura di lui a Hannover, quando era ferito. ― ATTO II: al castello Anna, un’orfanella che i conti avevano preso sotto la propria tutela, racconta alla governante Marguerite di essersi presa cura di un ignoto soldato ferito che le ricordava molto Julien, del quale era innamorata fin da bambina. George giunge nella dimora degli Avenel e chiede ospitalità per la notte; rimasto solo, intona la cavatina « Viens, gentille dame ». Subito dopo appare Anna nelle vesti del fantasma, un lungo velo bianco che la copre interamente; riconosce immediatamente in George il soldato che aveva curato a Hannover, e gli impone di partecipare all’asta, che si terrà il giorno successivo, insieme con Dickson: i due dovranno fare un’offerta superiore a quella di Gaveston; la somma verrà poi pagata grazie al tesoro degli Avenel, nascosto in un luogo noto solo a Anna. Così avviene: le proprietà degli Avenel sono assegnate a Dickson, il quale ha tempo fino a mezzogiorno per onorare il debito, altrimenti finirà in carcere. ― ATTO III: Anna e Marguerite vanno alla ricerca della statua della Dama bianca, nella quale sono nascoste le ricchezze degli Avenel. Nel frattempo, Gaveston apprende che George Brown è in realtà lo scomparso Julien Avenel, cosa di cui il giovane è tuttora ignaro. Anche Anna apprende la notizia, e elabora un piano. Allo scoccare delle 12, la Dama bianca appare recando lo scrigno del tesoro e salda il debito di Dickson. Contrariato, Gaveston strappa il velo e smaschera Anna; ma questa rivela a tutti che Brown è in realtà Julien, il legittimo erede degli Avenel. I due giovani si sposeranno con grande soddisfazione di tutti, tranne ovviamente Gaveston.

Santa e re

Karol Kurpiński (1785 – 18 settembre 1857): Ouverture per Jadwiga, królowa Polska (Edvige, regina di Polonia), opera in 3 atti (1814). Orkiestra symfoniczna filharmonii narodowej, dir. Stanisław Wisłocki.
Edvige d’Angiò (c1374 – 1399) fu regina di Polonia dal 1384 alla morte; ufficialmente era però chiamata « re » (król ): con questo titolo si intendeva specificare che Edvige regnava per proprio diritto (in quanto discendente di Ladislao il Breve), e non perché consorte di un sovrano. Venerata dalla Chiesa cattolica come santa, è patrona delle regine e della Polonia stessa.

bozzetto

Cari giorni

 
Giuseppe Persiani (11 settembre 1799 - 1869): «Cari giorni», dal II atto della tragedia lirica Inés de Castro (1835), libretto di Salvatore Cammarano. Cecilia Bartoli, mezzosoprano; orchestra La Scintilla, dir. Adam Fischer.

Cari giorni a me sereni
d’innocenza e di virtù,
foste brevi, siete spenti,
né a brillar tornate più.
Nel dolor è scorsa intera
la prim’ora dell’età,
mia giornata innanzi sera
nel dolor tramonterà.

Nel cor più non mi sento

Giovanni Paisiello (1740 - 1816): «Nel cor più non mi sento», duetto, dal II atto dell’opera L’amor contrastato, ossia La molinarella (libretto di Giuseppe Palomba, 1788; ripresa nel 1790 con il titolo La molinara). Renata Tebaldi, soprano (esegue soltanto la 1a strofe); New Philharmonia Orchestra, dir. Richard Bonynge.

Nel cor più non mi sento
brillar la gioventù.
Cagion del mio tormento,
Amor, sei colpa tu.
Mi pizzichi, mi stuzzichi,
mi pungichi, mi mastichi;
Che cosa è questa, ohimè?
Pietà, pietà, pietà!
Amore è un certo che,
che disperar mi fa!


Bonifazio Asioli (30 agosto 1769 - 1832): Sonata in sol maggiore per pianoforte op. 8 n. 1. Vladimir Plešakov.

  1. Presto
  2. Adagio [6:22]
  3. Tema («Nel cor più non mi sento» di Paisiello), 10 variazioni e Epilogo [11:18]


Ludwig van Beethoven (1770 - 1827): 6 Variazioni per pianoforte su «Nel cor più non mi sento» WoO 70 (1795). Wilhelm Kempff.
Sulla genesi di questa composizione si racconta il seguente aneddoto. Una sera Beethoven si trovava a teatro per assistere a una rappresentazione della Molinara; quando fu eseguito il noto duetto «Nel cor più non mi sento», una dama gli disse: «Avevo alcune variazioni su questo tema, ma le ho perdute». Durante la notte Beethoven compose sei variazioni sul tema di Paisiello e il mattino successivo le inviò alla signora con questa intitolazione: Variazioni ecc. perdute per la — ritrovate per Luigi van Beethoven. Sie sind so leicht, daß die Dame sie wohl a vista sollte spielen können (sono così facili che la signora dovrebbe essere in grado di eseguirle a prima vista).


Niccolò Paganini (1782 - 1840): Introduzione e variazioni sul tema «Nel cor più non mi sento» per violino solo (1821). Leonid Kogan.


Giovanni Bottesini (1821 - 1889): Variazioni su «Nel cor più non mi sento» per contrabbasso e pianoforte op. 23. Gabriele Ragghianti, contrabbasso; Pier Narciso Masi, pianoforte.

Platano bis


Giovanni Bononcini (18 luglio 1670 - 1747): «Ombra mai fu», aria dal I atto dell’opera Xerse (1694), libretto di Nicolò Minato rimaneggiato da Silvio Stampiglia. Armin Gramer, controtenore; Hubert Hoff­mann, arciliuto; Anna Zauner-Pagitsch, arpa.

Atto I, scena 1a.
Belvedere accanto ad un bellissimo giardino, in mezzo di cui v’è un platano.
Xerse sotto il platano.

Recitativo:

Frondi tenere e belle,
del mio platano amato,
per voi risplenda il Fato.
Tuoni, lampi e procelle
non v’oltraggino mai la cara pace
né giunga a profanarvi mostro rapace.

Arioso:

Ombra mai fu
di vegetabile
cara e amabile,
soave più.

Platano, amore mio


Francesco Cavalli (1602 - 1676): «Ombra mai fu», aria dal I atto dell’opera Il Serse (o Xerse, 1654), libretto di Nicolò Minato. Flavio Ferri-Benedetti, controtenore; Neue Hofkapelle Graz, dir. Michael Hell.

Atto I, scena 1a.
Villaggio delizioso dietro le mura della città, con veduta di bosco.
Xerse sotto un platano.

Ombra mai fu
di vegetabile
cara e amabile,
soave più.

Bei smeraldi crescenti,
frondi tenere, e belle,
di turbini, o procelle
importuni tormenti,
non v’affliggano mai la cara pace,
né giunga a profanarvi austro rapace.

Ombra mai fu…

Mai con rustica scure
bifolco ingiurioso
tronchi ramo frondoso,
e se reciso pure
fia che ne resti alcuno, in stral cangiato,
o lo scocchi Diana, o ‘l dio bendato.

Ombra mai fu…

Il flebile usignolo

Pietro Torri (c1650 - 6 luglio 1737): «Quando il flebile usignolo», aria per soprano dal II atto dell’opera L’Ippolito (1731). Ann Hallenberg, mezzosoprano; Baroque Ensemble Musikdorf Ernen, dir. e violino principale Ada Pesch.

Quando il flebile usignolo
Lasciar deve a forza il nido
Si rivolge in altro lido
E spiegando afflitto il volo
Va sfogando il suo dolor.

I goti

Stefano Gobatti (5 luglio 1852 - 1913): Preludio sinfonico all’opera I goti (versione 1898). I Musici dell’Accademia, dir. Luigi Verdi.

SG

Ecco un caso alquanto curioso di compositore acclamatissimo quando era in vita e oggi com­ple­ta­mente dimenticato.

«Salute e trionfo al giorno in cui Stefano Gobatti segnerà dell’impronta sua la prossima evoluzione dell’arte musicale in Italia» (Giosue Carducci).

A proposito della passacaglia

Questo articolo è stato ispirato da Antartica e perciò a lei dedicato.

Passacaglia è il nome generico di una danza secentesca di origine spagnola e della forma musicale tradizionalmente associata alla danza stessa, in ritmo ternario e di andamento lento. Fra Seicento e Settecento la passacaglia si affermò nella musica d’arte assumendo la forma di variazioni sopra un tema, sopra uno schema armonico o sopra un basso ostinato; sotto il profilo musicale, la passacaglia è di fatto simile alla ciaccona, tanto che a lungo i due termini furono considerati equivalenti.
Numerosi musicisti si sono dedicati alla composizione di passacaglie; uno dei primi è Girolamo Frescobaldi:


Nell’ambito della musica teatrale, una passacaglia assai nota si trova nel V atto dell’Armide di Lully:


La Passacaglia con Fuga BWV 582 di Bach è uno dei più grandi capolavori della musica organistica d’ogni tempo:


Fra le passacaglie più celebri va annoverata quella in sol minore di Georg Friedrich Händel; fa parte di una Suite per clavicembalo (la n. 7, HWV 432) ed è una passacaglia sui generis perché ha ritmo binario anziché ternario. La versione originale suona così:


Nel 1897, quasi centoquarant’anni dopo la morte di Händel, il compositore norvegese Johan Halvorsen elaborò un adattamento per violino e viola della Passacaglia in sol minore:


Tanto della versione originale di Händel quanto della rielaborazione di Halvorsen esi­stono vari arrangiamenti per strumenti diversi. Fino a qualche anno fa, un adat­tamento per arpa (eseguito da Anna Palomba Contadino) era ben noto agli abbonati Rai:


Un’altra famosa passacaglia si trova nel IV movimento del Quintettino op. 30 n. 6 di Luigi Boccherini, noto anche come Musica notturna delle strade di Madrid:


È una passacaglia il Finale della Quarta Sinfonia di Brahms, costituito da una serie di 32 variazioni sopra il tema del coro conclusivo («Meine Tage in dem Leide») della cantata Nach dir, Herr, verlanget mich BWV 150 di Bach.


La passacaglia che costituisce il III movimento del Trio per violino, violoncello e pianoforte di Ravel è un brano di straordinaria intensità:


Troviamo una passacaglia, poi, fra i capolavori della musica del Novecento: è l’opus 1 di Anton Webern:


Cenerentola danzando

Jules Massenet (12 maggio 1842 - 1912): musica di balletto dall’opera Cendrillon (1899). Academy of St Martin in the Fields, dir. sir Neville Marriner.

  1. Le Sommeil de Cendrillon (atto I)
  2. Les Filles de noblesse (atto II) [3:47]
  3. Menuet de Cendrillon (atto II) [5:58]
  4. Les Tendres fiancés (atto II) [9:32]
  5. Les Mandores (atto II) [12:25]
  6. La Florentine (atto II) [14:25]
  7. Marche des princesses (atto IV) [16:11]

Un hidalgo muy ingenioso

Miguel de Cervantes Saavedra

«Dove c’è musica non ci può essere cosa cattiva» (Cervantes)

Miguel de Cervantes Saavedra morì il 22 aprile 1616.
Sul suo capolavoro immortale è già stato scritto tutto, anche l’impossibile e l’inim­ma­gi­na­bile: ragion per cui oggi, celebrando la ricorrenza, mi limiterò a segnalare un interessante articolo di José Saramago pubblicato nel 2005 sul «País» e, in italiano, sulla «Repubblica» (leggibile online a questo indirizzo). Inoltre, com’è consuetudine in questo blog, proporrò l’ascolto di alcune composizioni musicali ispirate da Cervantes.
Alla «presenza di Don Chisciotte nella musica» dedicò una dissertazione, nel 1984, la studiosa statunitense Susan Jane Flynn: il suo lavoro è disponibile in rete (The Presence of Don Quixote in Music, University of Tennessee).


Richard Strauss (1864 - 1949): Don Quixote, poema sinfonico op. 35 in forma di phantastische Variationen über ein Thema ritterlichen Charakters (variazioni fantastiche sopra un tema cavalleresco; 1897). Mstislav Rostropovič, violoncello; Berliner Philharmoniker, dir. Herbert von Karajan. Illustrazioni di Gustave Doré.

  1. Introduzione: Mäßiges Zeitmaß. Thema mäßig. «Don Quichotte verliert über der Lektüre der Ritterromane seinen Verstand und beschließt, selbst fahrender Ritter zu werden»
  2. Tema: Mäßig. «Don Quichotte, der Ritter von der traurigen Gestalt». Maggiore: «Sancho Panza» [6:25]
  3. Variazione I: Gemächlich. «Abenteuer an den Windmühlen» [8:44]
  4. Variazione II: Kriegerisch. «Der siegreiche Kampf gegen das Heer des großen Kaisers Alifanfaron» [11:24]
  5. Variazione III: Mäßiges Zeitmaß. «Gespräch zwischen Ritter und Knappen» [13:09]
  6. Variazione IV: Etwas breiter. «Unglückliches Abenteuer mit einer Prozession von Büßern» [21:47]
  7. Variazione V: Sehr langsam. «Die Waffenwache» [23:44]
  8. Variazione VI: Schnell. «Begegnung mit Dulzinea» [27:54]
  9. Variazione VII: Ein wenig ruhiger als vorher. «Der Ritt durch die Luft» [29:09]
  10. Variazione VIII: Gemächlich. «Die unglückliche Fahrt auf dem venezianischen Nachen» [30:25]
  11. Variazione IX: Schnell und stürmisch. «Kampf gegen vermeintliche Zauberer» [32:16]
  12. Variazione X: Viel breiter. «Zweikampf mit dem Ritter vom blanken Mond» [33:28]
  13. Finale: Sehr ruhig. «Wieder zur Besinnung gekommen» [38:10]


Erich Korngold (1897 - 1957): Don Quixote, 6 pezzi per pianoforte (1907-09). Mara Jaubert.

  1. Don Quixote über den Ritterbüchern und seine Sehnsucht nach Waffentaten
  2. Sancho Panza auf seinem “Grauen”
  3. Don Quixotes Auszug
  4. Dulcinea von Toboso
  5. Abenteuer
  6. Don Quixotes Bekehrung und Tod


Jules Massenet (1842 - 1912): scena finale di Don Quichotte, comédie héroïque in 5 atti, libretto di Henri Cain (1910). Don Quichotte: José van Dam; Sancho Panza: Werner van Mettelen; voce di Dulcinée: Silvia Tro Santafé. Bruxelles, Théâtre La Monnaie, 2010.

Massenet, Don Q


Manuel de Falla (1876 - 1946): El retablo de Maese Pedro, opera per marionette in 1 atto (6 scene) su libretto proprio (1923). Don Quijote: Justino Díaz; Pedro: Joan Cabero; narratore: Xavier Cabero; Orchestre Symphonique de Montréal, dir. Charles Dutoit.


Maurice Ravel (1875 - 1937): Don Quichotte à Dulcinée, 3 chansons per baritono e pianoforte su testo di Paul Morand (1932-33); originariamente composte per il film Don Quichotte (con Fëdor Šaljapin) di Georg Wilhelm Pabst. Dietrich Fischer-Dieskau, baritono; Karl Engel, pianoforte.

  1. Chanson romanesque: Moderato
  2. Chanson épique: Molto moderato
  3. Chanson à boire: Allegro


Roberto Gerhard (1896 - 1970): Don Quijote, balletto (1940-41, rev. 1947-49). Orquesta Sinfónica de Tenerife, dir. Victor Pablo Pérez.

Scena 1a
Scena 2a [7:28]
Scena 3a [16:41]
Scena 4a [27:32]
Scena 5a [31:17]


Litografia di Pablo Picasso, 1955


[pubblicato originariamente il 22 aprile 2016]

La famiglia svizzera

Joseph Weigl (28 marzo 1766 - 1846): Ouverture per Die Schweizer Familie, «lyrische Oper» in 3 atti su libretto di Franz Castelli (1809). Orchestra Dreieck, dir. Uri Rom.
Ammirata da tutti i più noti compositori del tempo, fra i quali Franz Schubert, all’inizio del XX secolo Die Schweizer Familie scomparve dai teatri.