Grave maestoso energico

Barone Herman Severin Løvenskiold (30 luglio 1815 - 1870): Ouverture del balletto Sylfiden (La Sylphide; 1836). Det Kongelige Kapel, dir. David Garforth.



L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Herman Severin Løvenskiold, il compositore norvegese che conquistò la Danimarca

Løvenskiold è una figura emblematica della musica romantica scandinava, compositore di origine norvegese la cui carriera e fama sono indissolubilmente legate alla Danimarca. La sua opera più celebre, la partitura per il balletto Sylfiden, non solo lo ha consacrato nella storia della musica, ma è diventata un pilastro della cultura danese.

La nascita tra i fiordi e il trasferimento in Danimarca
Nato in Norvegia presso la ferriera di Holden Jernværk, Herman Severin era figlio di Eggert Løvenskiold, il direttore dell’impianto. La sua vita prese una svolta decisiva nel 1829, quando la famiglia si trasferì in Danimarca. Fin da bambino, Herman mostrò un talento musicale così eccezionale da convincere il padre ad abbandonare il progetto di avviarlo alla carriera militare. Il giovane Løvenskiold poté così dedicarsi alla sua vera passione, formandosi sotto la guida del compositore Peter Casper Krossing.

La consacrazione: il successo imperituro di Sylfiden
Il suo debutto fu tanto precoce quanto trionfale: nel 1836, a soli 21 anni, compose la musica per la storica versione di August Bournonville del balletto Sylfiden per il Balletto reale danese. Il lavoro ottenne un successo immediato e duraturo, tanto da rimanere un punto fermo nel repertorio del Teatro reale di Copenaghen fino ai giorni nostri. La sua fama ha varcato i confini nazionali e il balletto è stato inserito nel Canone culturale danese, a testimonianza della sua importanza per le arti sceniche del Paese.

Il perfezionamento in Europa e la maturità artistica
Incoraggiato da questo successo, il compositore intraprese un viaggio di perfezionamento in Europa. Studiò a Vienna con Ignaz von Seyfried e trascorse un periodo a Lipsia, dove le sue composizioni ottennero l’attenzione e il plauso di Robert Schumann. Il suo tour formativo lo portò anche in Italia e a San Pietroburgo, avendo così modo di arricchire ulteriormente il proprio bagaglio culturale e musicale. Tornato in Danimarca, produsse una notevole quantità di opere per il Teatro reale. Tra queste spiccano i balletti Hulen i Kullafjeld (1841) e Den ny Penelope (1847), e l’opera Turandot (1854). La sua produzione non si limitò al teatro, ma incluse anche ouverture da concerto, musica da camera e numerosi brani per pianoforte, come i celebri Impromptus op. 8.
A coronamento della carriera, dal 1851 fino alla morte Løvenskiold ricoprì la prestigiosa carica di organista presso la Chiesa del Castello (Slotskirken) di Copenaghen.
Lo stile musicale di Løvenskiold è caratterizzato da una fresca inventiva e da uno spiccato slancio poetico. Tuttavia, la sua produzione è a volte diseguale, alternando lavori di pregio a composizioni meno ispirate.

L’ouverture del balletto Sylfiden
Notevole esempio di ouverture romantica in stile pot-pourri, il brano anticipa i temi musicali e le atmosfere emotive dell’opera che seguirà. Più che un’elaborazione sinfonica complessa, essa agisce come un prologo sonoro, guidando l’ascoltatore attraverso i contrastanti mondi del balletto: quello etereo e magico delle silfidi e quello terreno e passionale degli esseri umani.

La composizione si apre in un’atmosfera di cupo mistero: le note gravi e sostenute dei violoncelli, dei contrabbassi e dei corni creano un’ambientazione notturna e presaga, mentre la tonalità minore e il movimento lento evocano l’ambientazione scozzese, forse una nebbiosa alba o il sonno inquieto del protagonista, James. Improvvisamente, questa quiete viene squarciata da un potente e drammatico accordo fortissimo dell’intera orchestra: questo non è un semplice accento, ma un vero e proprio colpo di scena sonoro, un presagio del conflitto e del destino tragico che incombe sulla storia.
La musica ritorna alla calma, ma con una nuova sfumatura: un dialogo malinconico e sognante si sviluppa tra il fagotto e i violoncelli, suggerendo un sentimento di desiderio e nostalgia. Brevi interventi leggeri e quasi trasparenti dei legni (flauto e oboe) su un pizzicato degli archi sembrano rappresentare la prima, fugace apparizione della silfide, eterea e inafferrabile. Il tema iniziale viene ripreso dai violini, guadagnando gradualmente intensità. L’orchestrazione si infittisce in un grande crescendo che culmina in un secondo, maestoso tutti orchestrale. Questo passaggio finale dell’introduzione serve a creare una tensione crescente, preparando il terreno per la sezione successiva e chiudendo il sipario sul mondo onirico e misterioso.
Senza alcuna pausa, l’ouverture si lancia in un Allegro agitato che rappresenta il cuore drammatico della vicenda. Gli archi eseguono un moto perpetuo rapido e pulsante, creando una base di tensione inarrestabile. Su questa trama ritmica, l’orchestra espone un tema vigoroso e passionale, pieno di slancio e urgenza. Questo tema incarna perfettamente il conflitto interiore di James, diviso tra il mondo reale (la fidanzata Effie) e l’attrazione soprannaturale per la silfide. La sezione si sviluppa con un’energia crescente, utilizzando brevi frammenti tematici che si rincorrono tra le diverse sezioni dell’orchestra. I colpi dei timpani e gli accenti degli ottoni rafforzano il carattere tempestoso e drammatico del passaggio, che si conclude con una cadenza decisa, quasi a simboleggiare una scelta fatale.
Dopo la tempesta emotiva, Løvenskiold introduce un netto cambio di atmosfera, trasportandoci in un quadro sonoro idilliaco e pastorale. L’oboe intona una melodia dolce e semplice, dal chiaro sapore popolare scozzese. Accompagnato da un ondeggiante tappeto d’archi, questo tema evoca la serenità della campagna e l’innocenza dell’amore terreno di Effie. La melodia viene poi ripresa e variata dal flauto, che le conferisce una qualità ancora più leggera e sognante. L’intero corpo degli archi si appropria del tema, sviluppandolo con maggiore calore e pienezza espressiva: questo episodio rappresenta il mondo rassicurante e familiare che James è destinato a lasciare, un’oasi di pace prima del ritorno del dramma.
La scena si sposta ora verso un momento di celebrazione collettiva: l’orchestra attacca un valzer brillante e festoso, caratterizzato da un ritmo trascinante e da una melodia elegante e gioiosa. Questo è chiaramente un tema associato a una danza o a una festa di nozze, un momento di gioia comunitaria che contrasta nettamente con la dimensione intima e soprannaturale della silfide. La strumentazione è piena e ricca, con gli ottoni che aggiungono un tocco di solennità e pompa alla celebrazione.
L’ouverture si conclude con una coda che riassume l’energia dell’opera e la proietta verso un finale mozzafiato. Il tempo accelera in un Presto incalzante e l’orchestra riprende frammenti dei temi precedenti, in particolare quello drammatico dell’Allegro, in un crescendo di intensità ed eccitazione. Il ritmo si fa sempre più serrato e la dinamica cresce costantemente, creando un senso di corsa irrefrenabile verso il finale. La sezione finale è un’esplosione di energia orchestrale: il tema principale viene affermato in modo trionfale, con squilli di ottoni, rulli di timpani e vorticosi passaggi degli archi. Løvenskiold chiude l’ouverture con una serie di accordi potenti e perentori, lasciando il pubblico con il fiato sospeso e un forte senso di attesa per l’inizio del balletto.

Hornpipes

Hugh Aston (c1485 - 1558): A Hornepype (1522). Elisabeth Chojnacka, clavicembalo.

Con il termine hornpipe si indica un gruppo di forme di danza diffusesi nelle isole britanniche a partire dal XVI secolo; il più antico documento inglese relativo alla hornpipe è costituito appunto da questa composizione di Aston.


Una famosa hornpipe tradizionale, risalente al XVIII secolo, è la Sailor’s Hornpipe (nota anche come College Hornpipe), qui eseguita da Eduardo Antonello e i suoi Doppelgänger con un clavicembalo, due viole da gamba e una melodica 🙂

Aston, Hornepype



L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Hugh Aston: compositore e figura civica del periodo Tudor

Hugh Aston è oggi ricordato per la scrittura innovativa per tastiera e per la musica sacra. Oltre che musicista fu anche una figura politicamente attiva, ricoprendo le cariche di sindaco, membro del Parlamento e assessore (alderman) a Leicester.

Primi anni e formazione
Non abbiamo che scarse informazioni sulla vita e l’attività di Hugh Aston: la sua biografia si fonda perciò su ipotesi. Nato a Leicester nella famiglia dell’assessore e deputato della circoscrizione del South Ward Robert Aston, il giovane Hugh fu probabilmente avviato agli studi musicali entrando intorno agli 8 anni (quindi forse nel 1493) come puer cantus nel Choral College and Hospital of the Annunciation of St Mary in the Newarke. Potrebbe poi aver continuato la propria attività nel college come chierico laico anche dopo la muta della voce. Nel 1502 si trasferì alla Oxford University Music School, dove si laureò in musica otto anni più tardi. Per l’esame, presentò un’orazione sui volumi di Boezio (probabilmente il De Institutione Musica) e presentò per l’esecuzione una messa e un’antifona. Si ritiene che queste opere fossero la sua Missa Te Deum laudamus a 5 voci e l’antifona associata Te Deum laudamus.

Carriera musicale a Leicester
Dopo Oxford, potrebbe aver vissuto a Londra e avuto contatti con la corte di Enrico VIII. Nel 1517 fu ammesso come Freeman and Burgess di Leicester, un diritto acquisito in quanto figlio di un Freeman. La qualifica di gent (gentleman) probabilmente attestava il suo status di laureato. Nel 1520-21 fu consultato dalla Collegiate Church of St Mary di Warwick per l’acquisto e l’installazione di un nuovo organo. La documentazione più antica del suo ruolo di maestro di coro (magister choristerorum) e custode degli organi (Keeper of the Organs) al Newarke College di Leicester risale al 1525, quando testimoniò durante una visita del vescovo Longland. Nello stesso anno, il vescovo lo raccomandò al cardinale Wolsey per la posizione di direttore musicale al Cardinal’s College di Oxford, ma Aston rifiutò citando il suo "greate wages which he alligith in perpetuity" (stipendio elevato che sosteneva gli fosse stato promesso a vita).

La dissoluzione dei monasteri e le sue conseguenze
Aston si ritirò poco prima della dissoluzione definitiva della Newarke Choral Foundation nella Pasqua del 1548. La chiesa collegiata e gran parte degli edifici furono demoliti, mentre l’ospizio fu rinominato Trinity Hospital. Aston, tuttavia, continuò a vivere in quella che sembra fosse la residenza ufficiale del maestro di coro, una proprietà sostanziosa di fronte al cancello principale del Newarke. Alla dissoluzione, non solo gli fu garantita una pensione annuale dal Newarke College, ma ricevette anche ulteriori pensioni per la perdita degli incarichi presso le altre sei istituzioni soppresse. Gli fu concessa una locazione a vita sulla proprietà e a sua moglie Elizabeth fu garantito un contratto di affitto di 21 anni dopo la sua morte. La proprietà rimase alla famiglia Aston almeno fino al 1595.

Responsabilità civiche e carriera politica
Già prima del 1530 Aston rappresentava il Southgates Ward nel consiglio comunale, diventando poi alderman (assessore). Dal 1532 fu giudice di pace, coroner (1532-34), revisore dei conti (1532-48), sindaco di Leicester (1541-42) e uno dei due membri del Parlamento per il Borgo (1555).

Opere musicali
Di lui sopravvivono, in forma sostanzialmente completa, 4 composizioni vocali sacre (le messe Missa Te Deum e Missa Videte manus meas e le antifone Gaude mater matris Christe e Te Deum laudamus), altre antifone e un canto devozionale. È particolarmente noto per la sua musica per tastiera, anche se pochi esempi sopravvivono. Altri pezzi per tastiera, come My Lady Carey’s Dompe e My Lady Wynkfyld’s Rownde, gli sono stati attribuiti su base stilistica. Un pezzo perduto, Hugh Aston’s Grounde, fu utilizzato da William Byrd nel Hugh Aston’s Maske.

Analisi del brano
La Hornepype di Aston rappresenta uno dei gioielli più affascinanti e significativi del repertorio tastieristico inglese del primo periodo Tudor. Sebbene il corpus di musiche per tastiera di Aston giunto fino a noi sia esiguo, questo brano spicca per la sua energia contagiosa, la sua scrittura innovativa e il suo peculiare legame con la musica popolare e strumentale dell’epoca, fungendo da ponte tra la pratica improvvisativa e la composizione scritta formalizzata.
Il tratto più immediatamente riconoscibile della Hornepype è la struttura basata sopra un basso ostinato o, più precisamente, un pedale armonico-ritmico persistente. La mano sinistra ripete incessantemente una semplice figura basata principalmente sull’intervallo di quinta sol-re, a volte con l’aggiunta della tonica nell’ottava inferiore o brevi passaggi che rafforzano questo ancoraggio armonico. Questa figura si qualifica come un bordone che imita chiaramente il suono caratteristico della hornpipe, un tipo di cornamusa o strumento a fiato popolare all’epoca, noto per il suo suono penetrante e la presenza di un bordone costante.
Sopra questa fondamenta ostinata, la mano destra si lancia in una serie di variazioni (divisions) brillanti e virtuosistiche. È qui che risiede gran parte dell’innovazione di Aston e l’importanza storica del brano: la scrittura per la mano destra è notevolmente idiomatica per la tastiera, ovvero concepita specificamente per le possibilità tecniche dello strumento e delle dita, allontanandosi dalla scrittura più vocale o generica tipica di molta musica per tastiera precedente.
Possiamo osservare passaggi scalari rapidi scale ascendenti e discendenti, spesso suonate a grande velocità che esplorano l’estensione disponibile della tastiera), figure volatili (brevi frammenti melodici, gruppetti, trilli impliciti o figure ornamentali che aggiungono brillantezza), arpeggi e accordi spezzati, interazioni ritmiche tra le mani, sperimentazione armonica (note di passaggio, note estranee e dissonanze momentanee che aggiungono colore e tensione prima di risolvere sulle consonanze) e un forte senso improvvisativo (l’intera parte della mano destra, pur scritta, conserva un forte sapore di improvvisazione, come se Aston stesse esplorando liberamente le possibilità offerte dal materiale tematico e dalla tastiera sopra il bordone fisso).
Nel complesso, la Hornepype di Aston anticipa le conquiste dei virginalisti elisabettiani come Byrd e Bull. L’uso del bordone ostinato come base per variazioni virtuosistiche è una tecnica che avrà grande fortuna negli anni successivi. Inoltre, il legame esplicito con uno strumento e una danza popolare mostra l’interazione tra musica colta e folklorica nel Rinascimento inglese.

Anonimo fiammingo

Brani anonimi dal Susanne van Soldt Manuscript (1599). Ensemble Les Witches: Odile Édouard, violino; Claire Michon, flauto diritto; Sylvie Moquet, viola da gamba; Pascale Boquet, liuto e chitarra barocca; Freddy Eichelberger, organo positivo, cittern, muselardon; Mickael Cozien, cornamusa; Françoise Rivalland, rommelpot e percussioni; Sébastien Wonner, muselaar e organo positivo.



   1. Allemande Loreyne
   2. Almande Brun Smeedelyn [1:34]
   3. Almande de La nonette [5:02]
   4. Almande de symmerman [6:49]



   5. Als een Hert gejaecht den XLII sallem
   6. Brabanschen ronden dans ofte Brand [5:18]



   7. XXXI (senza titolo)
   8. Brande Champanje [5:27]
   9. De frans galliard [9:11]



L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Il Manoscritto di Susanne van Soldt: un tesoro della musica tastieristica olandese

La silloge nota come Susanne van Soldt Manuscript rappresenta l’unica fonte conosciuta di musica olandese per tastiera antecedente a Sweelinck, rivestendo così un’importanza fondamentale per lo studio del repertorio tastieristico dell’epoca. Questa preziosa raccolta, acquisita dalla British Library nel 1873, conta 33 brani. Si tratta principalmente di arrangiamenti di canzoni profane, danze e salmi, tutti molto diffusi durante il XVI secolo.
L’opera è dedicata a una certa Susanne van Soldt, figlia di Hans van Soldt, un facoltoso mercante di Anversa. In seguito alla conquista spagnola di Anversa nel 1576, Hans van Soldt si rifugiò probabilmente a Londra. Fu qui che Susanne nacque e fu battezzata, il 20 maggio 1586, presso la chiesa olandese di Austin Friars.
Circa vent’anni più tardi, Hans van Soldt si trasferì da Londra ad Amsterdam, dove risulta azionista della Compagnia Olandese delle Indie Orientali nel 1609. Di Susanne, invece, non si hanno notizie certe, sebbene si faccia menzione di una sua sorella (o cugina) residente nella capitale olandese all’inizio del XVII secolo. L’identificazione precisa di questa famiglia si rivela tuttavia complessa, dato che a Londra in quel periodo erano presenti almeno tre individui di nome Johannes (o varianti come Hans, Jan, John) con il cognome van Soldt, per il quale sono attestate oltre dodici grafie diverse nei registri.
Si ritiene che i brani contenuti nel manoscritto fossero già noti in Europa tra il 1570 e il 1580. Ciò suggerisce che la raccolta sia stata compilata inizialmente nei Paesi Bassi (regione belga-olandese) e successivamente portata a Londra dalla famiglia van Soldt. È probabile che, una volta a Londra, il maestro di musica di Susanne vi abbia aggiunto altri tre brani (portando il totale a 33 dai 30 originali), la tavola con la notazione e le indicazioni di diteggiatura. Benché molti pezzi siano anonimi, diverse danze compaiono anche in altre raccolte coeve, come il Dublin Virginal Manuscript (risalente al 1570 circa). Al di là delle possibili aggiunte londinesi, il manoscritto non mostra altre influenze dirette della musica inglese dell’epoca. Di particolare rilievo sono i salmi a quattro parti, che rappresentano le più antiche notazioni tastieristiche conosciute tratte dal Salterio olandese e si distinguono per la loro notevole qualità compositiva.

Caratteristiche musicali generali
La musica contenuta nel manoscritto riflette lo stile tastieristico continentale del tardo Rinascimento, precedente lo sviluppo virtuosistico di Sweelinck e dei virginalisti inglesi. Le danze, in particolare, sono spesso basate su melodie popolari dell’epoca. Molti brani presentano la tipica forma binaria AABB, dove ogni sezione è ripetuta.
L’armonia è generalmente semplice e funzionale, basata su triadi maggiori e minori, con occasionali accordi di sesta eccedente. Le cadenze sono chiare e ben definite, soprattutto alla fine delle sezioni, mentre le dissonanze sono usate con parsimonia e trattate secondo la prassi contrappuntistica del tempo.
La tessitura è prevalentemente omofonica o leggermente polifonica, solitamente a 3-4 voci implicite. La melodia si trova quasi sempre nella voce superiore, supportata armonicamente e ritmicamente dalle voci inferiori. La mano destra esegue spesso figurazioni scalari, note di passaggio o semplici fioriture (diminuzioni) sulla melodia. La mano sinistra fornisce l’accompagnamento con accordi tenuti o figurazioni ritmiche semplici, mostrando talvolta un movimento melodico indipendente ma raramente competendo con la destra per il primato melodico.

Analisi dei pezzi
Le allemande seguono una forma binaria (AABB), articolata in due sezioni principali entrambe ripetute e si basano su melodie popolari dell’epoca. Fa eccezione l’Almande Brun Smeedelyn, la quale presenta un tema seguito da una serie di variazioni progressivamente più elaborate e virtuosistiche. Le melodie sono tipicamente chiare, semplici e cantabili, con un andamento prevalente per gradi congiunti, intervallato da piccoli salti. Il ritmo è energico, fluido e ben marcato. Nelle variazioni della Brun Smeedelyn, tuttavia, esso diventa più complesso, arricchendosi di crome, semicrome, figurazioni puntate e sincopi occasionali. L’armonia è solida e chiara, prevalentemente consonante, con cadenze ben definite che chiudono ogni sezione. La tessitura, per lo più omofonica, si infittisce nelle parti con variazioni, introducendo passaggi veloci, accordi spezzati e un fitto dialogo tra le voci che richiede una maggiore abilità tecnica.
Uno dei brani più significativi è Alse en Hert gejaecht den XLII sallem. Il titolo, che si traduce come “Come un cervo è cacciato”, si riferisce all’inizio del Salmo 42 nella sua versione olandese. Si tratta di un’elaborazione per tastiera di una melodia salmodica, verosimilmente proveniente dal Salterio ginevrino, molto diffuso negli ambienti protestanti. Musicalmente, il pezzo segue la struttura della melodia originale, elaborando ogni verso come un cantus firmus. L’armonia è modale, prevalentemente consonante, con l’uso di ritardi che creano lievi tensioni risolte immediatamente e cadenze perfette (V-I) a fine sezione. Le voci si muovono con una certa indipendenza, creando un tessuto sonoro denso e trasparente. Il tempo è lento e solenne, con un ritmo di base regolare basato su semiminime e minime, ma le linee contrappuntistiche introducono dinamismo con l’uso di crome in fioriture e passaggi di collegamento. Il carattere generale è devoto, contemplativo e intimo, riflettendo il testo del salmo (desiderio e anelito verso il divino).
In contrasto con il salmo, brani come Brabanschen ronden dans ofte Brand (“Danza in tondo del Brabante” ovvero un branle) rappresentano la musica di danza, qui arrangiata per tastiera. Questo pezzo segue una struttura AABB, ma le ripetizioni sono arricchite da variazioni che ornano e frammentano ritmicamente la melodia e l’armonia originale con figurazioni più veloci e spesso virtuosistiche. La melodia principale, solitamente nella voce superiore, è notevole per la sua vivacità, orecchiabilità e le sue frasi brevi e simmetriche, dal chiaro carattere popolareggiante. L’armonia è basata sul modo maggiore e usa progressioni armoniche fondamentali (I-IV-V-I). Il ritmo è marcato, danzante e coinvolgente, diventando più complesso e veloce nelle variazioni (con crome e semicrome). Il carattere è gioioso, energico e festoso, tipico della musica da ballo, e le variazioni aggiungono brillantezza e virtuosismo, sfruttando le capacità dello strumento con trilli, scale rapide, arpeggi spezzati ed elaborate figurazioni ritmiche.
Un altro esempio interessante è rappresentato da uno dei pezzi anonimi, anch’esso strutturato secondo la forma AABB con ripetizioni ornate o variate. Il suo linguaggio musicale si colloca in transizione tra Rinascimento e Barocco, combinando elementi di tonalità con inflessioni modali. Sono presenti ritardi che si risolvono prontamente. Le linee melodiche sono di carattere cantabile, muovendosi prevalentemente per gradi congiunti ma includendo anche alcuni salti espressivi. La mano destra tende a portare la melodia principale, mentre la sinistra assume un ruolo melodico-contrappuntistico di rilievo. La tessitura, qui omofonica a 2-3 voci implicite, si arricchisce di un costante dialogo vocale con imitazioni libere, pur presentando momenti più strettamente omofonici in prossimità delle cadenze.
Il brano intitolato Brande Champanje (cioè branle della Champagne) segue anch’esso una struttura AABB e presenta un’armonia simile a quella delle altre danze. La melodia, di natura quasi popolare, è caratterizzata da motivi ritmici ripetitivi e facilmente memorizzabili, ideali per la danza. La tessitura è prevalentemente omofonica, ma assume tratti polifonici nelle sezioni più elaborate.
De frans galliard, infine, si presenta anch’esso in forma AABB. La melodia si distingue per l’uso di salti e ritmi puntati, sviluppando motivi orecchiabili in elaborate variazioni. Si notano occasionalmente effetti di emiolia che creano momentaneamente un senso di metro binario all’interno del ternario tipico della gagliarda. La tessitura varia da momenti omofonici a passaggi più contrappuntistici e virtuosistici nelle variazioni, con rapide scale e arpeggi che mettono in risalto le potenzialità dello strumento.


Frans Hals, Rommelpotspeeler

Frans Hals (1580-1666): Il suonatore di rommelpot


Muselaar di scuola Ruckers

Scacco matto

Sir Arthur Bliss (1891 - 27 marzo 1975): Checkmate, balletto in 1 scena con un prologo (1937). Royal Scottish National Orchestra, dir. David Lloyd-Jones.

  1. Prologue. The Players: Moderato maestoso
  2. Dance of the red Pawns: Allegro con spirito, scherzando [5:26]
  3. Dance of the Four Knights: Allegro moderato sempre robustamente [7:52]
  4. Entry of the Black Queen: L’istesso tempo [11:42]
  5. The Red Knight’s Mazurka: Moderato giojosamente [17:13]
  6. Ceremony of the Red Bishops: Largamente (misticamente) [20:51]
  7. Entry of the Red Castles: Allegro molto deciso [23:03]
  8. Entry of the Red King and Queen: Grave [25:27]
  9. The Attack: Allegro impetuoso e brillante [27:14]
  10. The Duel: Maestoso moderato e molto appassionato [34:17]
  11. The Black Queen dances: Allegretto dispettoso [42:43]
  12. Finale. Checkmate: Andante poco sostenuto – Allegro vivace e feroce [46:26]

Suite panamense

Kurt Weill (1900 - 1950): Suite panaméenne, tratta dalle musiche di scena per Marie Galante (1934) di Jacques Deval; arrangiamento di David Drew (1989). Ensemble Modern, dir. HK Gruber.

  1. Introduction et Tango
  2. Marche de l’armée panaméenne [3:18]
  3. Youkali (tango-habanera) [5:30]
  4. Tempo di Foxtrot [8:19]

Danserye – III

Ancora un arrangiamento per complesso di strumenti moderni di alcune danze tratte dal Terzo libriccino di musica… (Het derde musyck boexken…) pubblicato da Tielman Susato nel 1551; questa volta si tratta di una gradevole trascrizione per banda, opera di Patrick Dunnigan. University Of Texas Wind Ensemble, dir. Jerry Junkin.

  • La Mourisque
  • Bergerette [2:09]
  • Les quatre branles [4:36]
  • Faggott [7:20]
  • Den Hoboecken dans [8:14]
  • Ronde & Salterelle [10:14]
  • Ronde & Aliud [11:53]
  • Basse danse Mon désir [13:43]
  • Pavane La Battaille [15:54]

Canarios: Praetorius & Zelenka

Michael Praetorius (1571 - 15 febbraio 1621): La Canarie (da Terpsichore, Musarum Aoniarum, 1612, n. 31). Capella de Ministrers, dir. Carles Magraner.
Tempo fa avevo proposto un’altra interpretazione di questo brano: potete ascoltare il simpatico Eduardo Antonello che ne esegue tutte le parti cliccando qui; nella medesima pagina troverete anche qualche notizia storica sul canario.


Jan Dismas Zelenka (1679 - 1745): dal Capriccio in la maggiore per orchestra ZWV 185 (1718): IV. In tempo di Canarie. The Bach Sinfonia, dir. Daniel E. Abraham.

Schizzi caucasici

Michail Michajlovič Ippolìtov-Ivànov (1859 - 28 gennaio 1935): Schizzi caucasici, suite n. 1 op. 10 (1894). Orchestra sinfonica nazionale dell’Ucraina, dir Arthur Fagen.

  1. In un passo di montagna
  2. In un villaggio [10:08]
  3. In una moschea [15:54]
  4. Processione del sardar [20:12]

Sardar è un termine di origine indo-iraniana in uso presso varie popolazioni medio­rien­ta­li per designare un nobile o un dignitario, o anche un capo, un comandante militare.


Ippolitov-Ivanov: Schizzi caucasici, suite n. 2 op. 42, Iveria (1896). Stessi interpreti.

  1. Introduzione: Lamento della principessa Ketevana
  2. Berceuse [9:48]
  3. Lezginka [13:41]
  4. Marcia georgiana [18:11]

Iveria è il nome dato da greci e romani all’antica regione della Cartalia, nella Georgia centro-orientale.
Ketevana (c1560-1624), martirizzata dai safavidi per non aver abiurato la fede cristiana, è la santa più venerata in Georgia.
La lezginka è una danza caratteristica delle popolazioni caucasiche.

Du vin clairet – I

Anonimo (sec. XVI): Quand je bois du vin clairet, antico tourdion interpretato dall’en­semble tedesco Short Tailed Snails.

Il tourdion o tordion è una danza di coppia, rapida, moderatamente saltata, e costituisce uno degli elementi della bassadanza; affine sotto il profilo musicale alla gagliarda, fu in voga in Francia nel secolo XVI. Una descrizione del modo di danzare il tourdion si trova nel trattato Orchésographie (1589) di Thoinot Arbeau (pseudonimo di Jehan Tabourot):

« L’air du tourdion et l’air d’une gaillarde sont de mesmes, et n’y a différence sinon que le tourdion se danse bas et par terre d’une mesure légère et concise, et la gaillarde se danse haut d’une mesure plus lente et pesante. Tandis que vous faites bien de demander l’air d’un tourdion, car quand les airs sont connus par le danseur, et qu’il les chante en son cœur avec le joueur d’instrument, il ne peut faillir à les bien danser. »


Lo stesso brano interpretato dalla Capella Reial de Catalunya e Hespèrion XXI diretti da Jordi Savall.

Cantus :

Quand je bois du vin clairet,
Amis, tout tourne,
Aussi désormais je bois
Anjou ou Arbois.
   Chantons et buvons,
   à ce flacon faisons la guerre,
   chantons et buvons,
   mes amis, buvons donc.

Altus :

Le bon vin nous a rendus gais, chantons,
oublions nos peines, chantons.
   En mangeant d’un gras jambon,
   à ce flacon faisons la guerre.

Tenor :

Buvons bien, là buvons donc
à ce flacon faisons la guerre.
   En mangeant d’un gras jambon
   à ce flacon faisons la guerre.

Bassus :

Buvons bien, mes amis, trinquons,
buvons, vidons nos verres.
   En mangeant d’un gras jambon
   à ce flacon faisons la guerre.

Biancaneve circassa

Jacques Offenbach (20 giugno 1819 - 1880): Le Papillon, balletto in 2 atti e 4 scene (1860). London Symphony Orchestra, dir. Richard Bonynge.

  1. Preludio – Atto I, scena 1a: inizio
  2. Atto I, scena 1a: fine [9:23]
  3. Atto I, scena 2a: inizio [16:53]
  4. Atto I, scena 2a: Valse des rayons [18:36]
  5. Atto I, scena 2a: fine [23:10]
  6. Atto II, scena 1a: inizio [30:30]
  7. Atto II, scena 1a: continuazione [32:26]
  8. Atto II, scena 1a: fine [39:42]
  9. Atto II, scena 2a: Pas de deux [41:52]
  10. Apoteosi [53:06]

Composto sopra un soggetto di Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges e Maria Taglioni, il balletto andò in scena per la prima volta all’Opéra di Parigi, Salle Le Peletier, il 26 novembre 1860, con la coreografia di M. Taglioni; fra gli interpreti, Emma Livry (Farfalla), Louis Mérante (Djalma), Louise Marquet (Hamza) e Berthier (Patimate).

Trama. ATTO I: l’azione si svolge in Circassia. La fata Hamza, ormai anziana, cerca invano di sedurre il principe Djalma, il cui bacio le restituirebbe magicamente bellezza e giovinezza. La giovane Farfalla, alla quale il principe dedica le proprie attenzioni, si burla della fata, suscitandone l’ira: Hamza infatti la trasforma nell’insetto da cui trae il nome. Catturata dalle dame di corte, Farfalla viene riconosciuta da Djalma, che le dà la libertà. Ma Hamza è vigile e riduce nuovamente Farfalla in prigionia; a questo punto Patimate, servo della fata, rivela che Farfalla è figlia dell’emiro e tempo prima era stata rapita da Hamza.
ATTO II: la rivelazione di Patimate costringe Hamza a restituire Farfalla al padre, il quale promette la fanciulla in sposa al principe. Nel momento in cui i due giovani stanno per baciarsi, la fata malvagia riesce a intrufolarsi fra loro: davvero il bacio le ridona giovinezza e bellezza. Ma il principe continua a respingerla, sicché Hamza, indispettita, induce in lui un magico sonno e ritrasforma Farfalla in insetto, mentre il palazzo dell’emiro diventa un giardino incantato. Nella casa di Hamza, Farfalla viene attratta dalla luce delle torce: volando troppo vicino alla fiamma si brucia le ali e precipita nel vuoto, ma viene salvata dal principe, che prendendola fra le braccia spezza il sortilegio: Farfalla, riprese sembianze umane, potrà sposare Djalma mentre Hamza, per punizione, viene trasformata in una statua.

Le Papillon

Cogli la rosa – II

Georg Friedrich Händel (1685 - 1759): Sarabanda, dal III atto dell’opera Almira HWV 1 (1705). Akademie für Alte Musik Berlin, dir. Bernhard Forck.


Franz Liszt (1811 - 31 luglio 1886): Sarabande und Chaconne aus dem Singspiel «Almira» von Georg Friedrich Händel per pianoforte S 181 (1879). Joel Hastings.

S 181

Non parlatemi più d’amore

Pierre Guédron (c1566 - c1620): Qu’on ne me parle plus d’amour, air de ballet (air de cour) tratto dal Ballet des inconstants (1608). Le Poème Harmonique, dir. Vincent Dumestre.

Qu’on ne me parle plus d’amour,
L’inconstance règne à la Cour,
Ô Dieux punissez ces âmes volages,
Ô Dieux punissez ces légers amoureux.

Ces amants pour nous décevoir
Jurent Amour et son pouvoir:
Ô Dieux punissez ces âmes parjures,
Ô Dieux punissez ces légers amoureux.

Ils n’ont de la fidélité
Sinon pour la déloyauté:
Ô Dieux punissez ces cœurs infidèles,
Ô Dieux que n’ont-ils leurs cœurs dans les yeux.

Ils feignent plus de passion
Lorsqu’ils ont moins d’affection:
Ô Dieux punissez ces cœurs infidèles,
Ô Dieux punissez ces légers amoureux.

La foi de ces esprits moqueurs
Fuit par leurs bouches de leurs cœurs:
Ô Dieux punissez ces cœurs infidèles,
Ô Dieux punissez ces légers amoureux.

gallica

Woodycock

Anonimo (XVII secolo): Woodycock, tratto dalla raccolta The English Dancing Master (1651, n. 15) di John Playford. Folger Consort.


Anonimo (XVII secolo): Divisions (variazioni) on Woodycock. Latitude 37 (Julia Fre­ders­dorff, violino barocco; Laura Vaughan, viol; Donald Nicolson, clavicembalo) e Genevieve Lacey, flauto dolce.


Giles Farnaby (c1563 - 1640): Wooddy-Cock (variazioni), dal Fitzwilliam Virginal Book (n. [CXLI]). Zsuzsa Pertis, clavicembalo.

Saltarello

Anonimo (sec. XIV): Saltarello. Studio der frühen Musik, dir. Thomas Binkley.

Nato a Cleveland il 26 dicembre 1931, Thomas Binkley studiò musica e musicologia presso le Università dell’Illinois e di Monaco; nel capoluogo bavarese si stabilì nel 1959, e l’anno seguente vi fondò lo «Studio der frühen Musik», destinato a diventare uno dei più famosi ensemble di musica medievale e rinascimentale. Docente alla Schola Cantorum Basiliensis dal 1973 al ’77, Binkley rientrò poi negli Stati Uniti: insegnò per due anni alla Stanford University e nel 1979 fondò l’Early Music Institute presso l’Università dell’Indiana, a Bloomington; in questa città morì il 28 aprile 1995.
Assai cospicua è la produzione discografica dello «Studio der frühen Musik». Il brano che sottopongo alla vostra attenzione fu originariamente pubblicato in un disco del 1970 (etichetta Telefunken) interamente dedicato alla musica dei trovatori; è costituito dall’ac­costamento di due danze diverse ma affini, la prima in ritmo binario, la seconda in ritmo ternario: si tratta di due dei quattro saltarelli trascritti in un manoscritto trecentesco di origine toscana, oggi conservato nella British Library con la segnatura Add. 29987, la più antica fonte pervenutaci per quanto riguarda le danze di questo genere.

Add. 29987

Dansflitsen

Sem Dresden (20 aprile 1881 – 1957): Dansflitsen, suite per orchestra (1951). Residentie Orkest, dir. Willem van Otterloo.

  1. Intrada: Alla polacca. Allegro ma non troppo
  2. Siciliana: Poco moderato [1:04]
  3. Tempo di valse: Molto allegro [3:11]
  4. Passamezzo: Moderato [5:03]
  5. Menuetto vivo: Allegro con grazia [7:10]
  6. Marcia funebre: Molto moderato [9:49]
  7. Alla Tarantella: Molto allegro [11:32]

La Ballerina e il Moro

Joseph Lanner (12 aprile 1801 - 14 aprile 1843): Steyrische Tänze op. 165 (1841). Wiener Biedermeier Solisten.


J. Lanner: Die Schönbrunner, valzer op. 200. Wiener Symphoniker, dir. Robert Stolz.


Temi tratti da queste due composizioni di Lanner sono stati utilizzati da Stravinskij nel balletto Petruška (1911), quadro III n. 3: « Valzer della Ballerina e del Moro ».

New York Philharmonic, dir. Leonard Bernstein.

Su temi di Offenbach

Manuel Rosenthal (1904 - 2003) Gaîté parisienne, balletto su musiche di Jacques Offenbach. Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo diretto dall’autore.
Il balletto, sceneggiato da Étienne de Beaumont e coreografato da Léonide Massine, fu presentato dalla compagnia del Ballet Russe de Monte-Carlo al Théâtre de Monte-Carlo il 5 aprile 1938. Per l’orchestrazione (per me insoddisfacente), Rosenthal si avvalse della collaborazione di Jacques Brindejont-Offenbach (1883 - 1956), figlio di Pépita, la terzogenita di Jacques Offenbach, e Prosper Brindejont.

  1. Ouverture (da La vie parisienne)
  2. Allegro moderato (da Mesdames de la Halle)
  3. Polka (da Le voyage dans la lune)
  4. Ländler (da Lieschen et Fritzchen)
  5. Mazurka (da La vie parisienne)
  6. Valse (da La vie parisienne)
  7. Entrée du Brésilen (da La vie parisienne)
  8. Polka (da La belle Hélène)
  9. Valse (da Orphée aux enfers)
  10. Marche (da Tromb-al-Cazar)
  11. Valse (da La vie parisienne)
  12. Entrée du Brésilien (da La vie parisienne)
  13. Valse (da Les contes d’Hoffmann)
  14. Duel (brano di Rosenthal)
  15. Valse (da La Périchole)
  16. Prelude au Can-Can (brano di Rosenthal)
  17. Can-Can Scène 1 (da Orphée aux enfers e Robinson Crusoe)
  18. Can-Can Scène 2 – Polka (da Orphée aux enfers)
  19. Can-Can Scène 3 (da La vie parisienne)
  20. Can-Can Scène 4 (da Orphée aux enfers, La vie parisienne e Les contes d’Hoffmann)

Manuel Rosenthal

Sette giorni con il granduca – lunedì

Emilio de’ Cavalieri (1550 - 11 marzo 1602): O che nuovo miracolo, madrigale a 5 voci. Ensemble Modo Antiquo, dir. Federico Maria Sardelli.

O che nuovo miracolo,
Ecco che in Terra scendono,
Celeste alto spettacolo,
Gli Dei che il Mondo accendono.
Ecco Himeneo e Venere
Col piè la Terra hor premere.

Del grande Heroe che con benigna legge
Hetruria affrena e regge
udito ha Giove in Cielo
Il purissimo zelo,
E dal suo seggio santo
Manda il ballo e il canto.

Che porti, O drappel nobile
Ch’orni la Terra immobile?

Portiamo il bello e il buon
Che in ciel si serra

Per far al Paradiso ugual la Terra.

Tornerà di auro secolo?

Tornerà il secol d’oro
E di real costume
Ogni più chiaro lume.

Quando verrà che fugghino
I mali e si distrugghino?

Di questo nuovo Sole
Nel subito apparire;
E i gigli e le viole
Si vedranno fiorire.

O felice stagion, beata Flora!

Arno, ben sarai tu beato a pieno
Per le nozze felici di Loreno.

O novello d’amor fiamma lucente!

Questa è la fiamma ardente
Che infiammerà di amore
Ancor l’anime spente.

Ecco ch’Amor e Flora
Il Ciel arde e innamora.

A la Sposa reale
corona trionfale
Tessin Ninfe e Pastori
Dei più leggiadri fiori.

Ferdinando hor va felice altero.

La Virgine gentil di santo foco
Arde e si accinge a l’amoroso gioco.

Voi Dei, scoprite a noi la regia prole.

Nasceran semidei
Che renderan felice
Del mond’ogni pendice.

Serbin le glorie
I cigni in queste rive
Di Medici e Loreno eterne e vive.

Le meraviglie nuove
Noi narremo a Giove.
Hor te, Coppia Reale,
Il Ciel rende immortale.

Le quercie hor mel distillino
E latte i fiumi corrino,
D’amor l’alme sfavillino
E gli empi vitii aborrino,
E Clio tessa l’histoire
Di così eterne glorie.
Giudin vezzosi balli
Fra queste amene valli,
Portin Ninfe e Pastori
Del Arno al ciel gli onori.
Giove benigno aspiri
Ai vostri alti disiri.
Cantiam lieti lodando
Cristina e Ferdinando.

Nel Seicento la melodia nota come Ballo del granduca o Aria di Fiorenza fu impiegata da numerosi autori come tema di variazioni strumentali e come base di composizioni di varia natura, sacre e profane. Ricorre per la prima volta nel ballo O che nuovo miracolo di Emilio de’ Cavalieri (testo di Laura Guidiccioni) che concludeva gli intermedi musicali creati da vari autori per una rappresentazione della commedia La Pellegrina di Girolamo Bargagli, rappresentazione cui nel 1589 sovrintese lo stesso Cavalieri.

Per far tranquillo ogni turbato core

Claudio Monteverdi (1567 - 1643): sezioni strumentali dell’Orfeo (1607). English Baroque Soloists, dir. John Eliot Gardiner.

  1. Prologo: Toccata
  2. Prologo: Ritornello [1:33]
  3. Atto I: Ritornello [2:17]
  4. Atto I: Ritornello [2:43]
  5. Atto II: Sinfonia [3:24]
  6. Atto III: Sinfonia a 7 [4:35]
  7. Atto III: Sinfonia [6:05]
  8. Atto III: Ritornello [6:39]
  9. Atto III: Sinfonia a 7 [7:32]
  10. Atto IV: Sinfonia a 7 [8:18]
  11. Atto V: Sinfonia [9:02]
  12. Atto V: Moresca [9:34]

Io la Musica son, ch’ai dolci accenti
So far tranquillo ogni turbato core,
Et hor di nobil ira, et hor d’Amore
Poss’infiammar le più gelate menti.
(L’Orfeo, Prologo)

Monteverdi

Llibre vermell – IV

Anonimo (Spagna, sec. XIV): Ad mortem festinamus. La Capella Reial de Catalunya, Hespèrion XXI e Jordi Savall.
Anche questo brano, una delle più celebri danze macabre medievali, ha la forma di un virelai.

Ad mortem festinamus
peccare desistamus.

Scribere proposui
de contemptu mundano
ut degentes seculi
non mulcentur in vano;
iam est hora surgere
a sompno mortis pravo.

Ad mortem festinamus
peccare desistamus.

Vita brevis breviter
in brevi finietur,
mors venit velociter
quae neminem veretur.
Omnia mors perimit
et nulli miseretur.

Ad mortem festinamus
peccare desistamus.

Ni conversus fueris
et sicut puer factus
et vitam mutaveris
in meliores actus,
intrare non poteris
regnum Dei beatus.

Ad mortem festinamus
peccare desistamus.

Tuba cum sonuerit
dies erit extrema
et iudex advenerit
vocabit sempiterna
electos in patria
prescitos ad inferna.

Ad mortem festinamus
peccare desistamus.

Quam felices fuerint
qui cum Christo regnabunt
facie ad faciem
sic eum adspectabunt.
Sanctus, Sanctus, Dominus
Sabaoth conclamabunt.

Ad mortem festinamus
peccare desistamus.

Et quam tristes fuerint
qui eterne peribunt,
pene non deficient,
non propter has obibunt,
heu, heu, heu, miserrimi,
nunquam inde exibunt.

Ad mortem festinamus
peccare desistamus.

Cuncti reges seculi
et in mundo magnates
adventant et clerici
omnesque potestates,
fiant velut parvuli,
dimittant vanitates.

Ad mortem festinamus
peccare desistamus.

Heu, fratres karissimi,
si digne contemplemus
passionem Domini
amara et si flemus,
ut pupillam oculi
servabit, ne peccemus.

Ad mortem festinamus
peccare desistamus.

Alma Virgo virginum,
in celis coronata,
apud tuum filium
sis nobis advocata
et post hoc exilium
occurrens mediata.

Ad mortem festinamus
peccare desistamus.

Vile cadaver eris:
  cur non peccare vereris?
  cur intumescere queris?
  ut quid pecuniam queris?
  quid vestes pomposas geris?
  ut quid honores queris?
  cur non penitens confiteris?
  contra proximum non leteris?

Ad mortem festinamus
peccare desistamus.

Ad mortem festinamus

Le puntate precedenti (per accedervi, cliccare sul titolo):

Llibre vermell – III

Anonimo (Spagna, sec. XIV): Cuncti simus concanentes. New London Consort, dir. Philip Pickett.

Cuncti simus concanentes: Ave Maria.
Virgo sola existente
en affuit angelus,
Gabriel est appellatus
atque missus celitus.
Clara facieque dixit: Ave Maria.
Clara facieque dixit,
audite karissimi:
En concipies, Maria,
pariesque filium,
audite karissimi,
bocabis eum Jhesum.

Con molte mutanze


Antonio Valente (c1520 - c1580): Gallarda napolitana con molte mutanze (da Intavolatura de cimbalo… libro primo, 1576, n. 19). Paola Erdas, clavicembalo (sopra). Hespèrion XXI: Jordi Savall, viola da gamba; Rolf Lislevand, chitarra barocca; Arianna Savall, arpa; Pedro Estevan, pandereta; Adela González-Campa, tambor.

Llibre vermell – I

Anonimo (Spagna, sec. XIV): Stella splendens, danza in tondo. New London Consort, dir. Philip Pickett.

Stella splendens in monte
ut solis radium
miraculis serrato
exaudi populum.

Concurrunt universi
gaudentes populi
divites et egeni
grandes et parvuli
ipsum ingrediuntur
ut cernunt oculi
et inde revertuntur
gratiis repleti.

Principes et magnates
ex stirpe regia
saeculi potestates
obtenta venia
peccaminum proclamant
tundentes pectora
poplite flexo clamant
hic: Ave Maria.

Prelati et barones
comites incliti
religiosi omnes
atque presbyteri
milites mercatores
cives marinari
burgenses piscatores
praemiantur ibi.

Rustici aratores
nec non notarii
advocati scultores
cuncti ligni fabri
sartores et sutores
nec non lanifici
artifices et omnes
gratulantur ibi.

Reginae comitissae
illustres dominae
potentes et ancillae
juvenes parvulae
virgines et antiquae
pariter viduae
conscendunt et hunc montem
et religiosae.

Coetus hic aggregantur
hic ut exhibeant
vota regratiantur
ut ipsa et reddant
aulam istam ditantes
hoc cuncti videant
jocalibus ornantes
soluti redeant.

Cuncti ergo precantes
sexus utriusque
mentes nostras mundantes
oremus devote
virginem gloriosam
matrem clementiae
in coelis gratiosam
sentiamus vere.

Il manoscritto noto come Llibre vermell – «libro vermiglio», dal colore del velluto che ne ricopre la rilegatura (ottocentesca) – è un codice del XIV secolo conservato nella biblioteca del monastero di Montserrat, presso Barcellona. Contiene dieci composizioni musicali di varia natura, la cui presenza nel volume è spiegata con queste parole: «Poiché i pellegrini di Montserrat gradiscono a volte cantare e ballare, sia durante le veglie notturne nella chiesa della Beata Vergine, sia di giorno nella piazza della chiesa – luoghi dove è lecito cantare solo canzoni decorose e devote – sono stati trascritti alcuni canti di natura confacente al fine di soddisfare le loro esigenze. Bisogna adoperarne con rispetto e moderazione, senza arrecare disturbo a coloro che desiderano pregare e meditare».
Stella splendens in monte, in forma di virelai, è una delle cinque danze riportate nel Llibre vermell.

Danserye – II

Dodici danze tratte da Het derde musyck boexken… alderhande danserye (1551) di Tielman Susato nell’interpretazione dell’ Early Music Consort of London diretto da David Munrow (1942 - 1976).

  1. La Mourisque
  2. Les Quatre bransles [1:14]
  3. Ronde & Salterelle [2:54]
  4. Ronde Mon amy [4:29]
  5. Allemaingne and Recoupe [7:00]
  6. Pavane Mille regretz [9:40]
  7. Bergerette Sans Roch & Reprise [12:40]
  8. Danse du Roy [15:14]
  9. Ronde [16:37]
  10. Passe et medio & Reprise Le Pingue [17:39]
  11. Ronde [20:18]
  12. Pavane La Bataille. [22:16]

Sans roch