In stil moderno

Dario Castello (1602 - 2 luglio 1631): Sonata prima a sopran solo e basso continuo (da Sonate concertate in stil moderno per sonar nel organo, overo clavicembalo con diversi instrumenti… Libro Secondo, 1629). Elizabeth Blumenstock, violino barocco; William Skeen, violoncello barocco; David Tayler, tiorba; Hanneke van Proosdij, clavicembalo.



L’approfondimento
di Pierfrancesco Di Vanni

Dario Castello: il pioniere della sonata nella Venezia barocca

Figura chiave del primo Barocco e tra i massimi esponenti della Scuola veneziana, Castello fu un compositore e violinista di straordinaria importanza, il cui contributo fu fondamentale per la nascita e lo sviluppo della sonata strumentale all’inizio del Seicento. Nonostante una vita tragicamente breve, la sua opera innovativa lasciò un’impronta indelebile nella storia della musica, definendo un nuovo modo di concepire il dialogo tra gli strumenti.

Una vita tra musica e fede nella Venezia del Seicento
Dario Domenico Castello nacque a Venezia e fu battezzato il 19 ottobre 1602. La sua formazione musicale avvenne in un ambiente familiare fertile: il padre, Giovanni Battista, era un suonatore di violino, mentre il fratello Francesco era un abile trombonista. Questa rete di relazioni musicali favorì senza dubbio la sua carriera. Parallelamente all’attività artistica, Castello intraprese un percorso ecclesiastico che lo portò a essere ordinato sacerdote nel 1627. La sua vita professionale si divise tra la guida di una «compagnia de musichi d’instrumenti da fiato», come si legge sui frontespizi delle sue opere e il prestigioso incarico ottenuto il 19 novembre 1624 come «sonador di violin» nella cappella della Basilica di San Marco, all’epoca sotto la direzione del leggendario Claudio Monteverdi. In quella stessa cappella, il fratello Francesco prestava già servizio. Purtroppo, la sua promettente carriera fu stroncata prematuramente, in quanto morì a Venezia il 2 luglio 1631, vittima della grande epidemia di peste che colpì la città.

Le opere: Le Sonate concertate in stile moderno
Di lui ci sono pervenute 29 sonate e un mottetto. La sua produzione è raccolta principalmente in due libri che testimoniano la sua visione artistica. Il primo fu pubblicato per la prima volta a Venezia nel 1621 e ristampato con rielaborazioni nel 1629; questa raccolta comprende 12 sonate per diverse formazioni, tra cui doi Soprani, doi Soprani e Trombon overo Violeta e doi Violini e Fagotto. Il secondo, del 1629, contiene 17 sonate: dedicato all’imperatore Ferdinando II, presenta formazioni ancora più varie, da sonate per soprano solo a brani per quattro strumenti d’arco, fino a una suggestiva sonata In Ecco per 2 Cornetti e 2 Violini. Alle sonate si aggiunge il mottetto Exultate Deo per voce sola e basso continuo, incluso in una raccolta del 1625.
L’enorme successo delle sue sonate è confermato dalle numerose ristampe pubblicate fino al 1658 sia a Venezia che ad Anversa, segno del profondo interesse che i musicisti dell’epoca nutrivano per il suo lavoro. In un prezioso Avvertimento a Li Benigni Lettori, inserito nel primo libro, Castello si rivolge direttamente agli esecutori, mostrando piena consapevolezza della novità e della difficoltà del suo stile: «M’è parso, per dar satisfatione à quelli che si deletterano di sonar queste mie sonate, avisarli che se bene nella prima vista li pareranno difficili; tuttavia non si perdino d’animo nel sonarle più d’una volta: per che faranno prattica in esse & all’hora esse si renderano facilissime: perche niuna cosa è difficile a quello che si diletta».

L’architetto del suono: stile e innovazione
Castello occupa un posto di primo piano nel panorama della musica strumentale italiana. Come scrisse lo storico della musica Hans Joachim Moser, tra i violinisti della cerchia di Monteverdi, Castello «possedeva senza dubbio la tecnica più agile e la più straordinaria capacità di rappresentazione». La sua musica, piena di maestria inventiva e caratterizzata da una tecnica brillante, si distingue per diverse innovazioni cruciali.
Fu il primo compositore a pubblicare raccolte interamente dedicate a composizioni chiamate “sonate concertate”, dunque consapevole del fatto che lo “stile moderno” consiste esattamente nello “stile concertante”, ovvero nel far dialogare tra loro le diverse parti strumentali in modo paritario e virtuosistico.
Le sonate sono strutturate in più sezioni o movimenti contrastanti per metro, tempo e carattere stilistico. Sezioni polifoniche complesse, che riecheggiano la vecchia forma della canzone, si alternano a passaggi che assomigliano a recitativi drammatici, sostenuti dal basso continuo.
Di particolare rilevanza è l’abilità di Castello nella strumentazione: il musicista sfrutta la varietà degli strumenti, indicati con precisione all’inizio di ogni brano, per ottenere particolari effetti di contrasto e impasto timbrico, dimostrando una sensibilità quasi pittorica.
Da eccellente violinista, Castello seppe sfruttare al massimo le possibilità tecniche ed espressive del proprio strumento; allo stesso tempo, affidò a strumenti come il trombone e il fagotto brevi ma impegnativi passaggi solistici, elevandoli da un ruolo di mero accompagnamento a protagonisti del dialogo musicale.
Castello fu inoltre fra i primi a menzionare esplicitamente strumenti a tastiera come il clavicembalo o la spinetta come alternative all’organo per la realizzazione del basso continuo, ampliando le possibilità esecutive della sua musica.

La Sonata Prima del II Libro: analisi
Si tratta di un manifesto ideale dei principi dello “stil moderno”, il quale si contrappone a quello antico (lo stile polifonico rinascimentale di Palestrina) e promuove un linguaggio musicale basato su:
drammaticità e affetti: la musica strumentale deve esprimere le emozioni umane (gli “affetti”) con la stessa intensità di quella vocale;
virtuosismo strumentale: gli strumenti non sono più considerati semplici sostituti delle voci, ma ne vengono esplorate le loro capacità tecniche specifiche (idiomatiche);
contrasti: l’uso di bruschi cambiamenti di tempo, metro, dinamica e carattere crea un effetto di “chiaroscuro” sonoro;
basso continuo: una solida base armonica e ritmica su cui il solista poteva costruire complesse improvvisazioni e passaggi virtuosistici.

La Sonata non segue una forma predefinita come quelle del periodo classico, ma è organizzata in sezioni contrastanti, ciascuna con un proprio “affetto”.
Il brano si apre con una sezione lenta e solenne: non è una melodia, ma una successione di accordi maestosi eseguiti dal solo basso continuo. La tiorba arpeggia gli accordi, creando un’atmosfera di attesa e grandiosità, quasi un portale d’ingresso. Senza preavviso, il violino irrompe con una straordinaria esplosione di virtuosismo. Questa sezione è un esempio perfetto di “passaggi” seicenteschi: scale veloci, arpeggi, salti d’ottava e figurazioni che coprono l’intera estensione dello strumento. Il basso continuo è energico e propulsivo. Questa non è scrittura vocale, ma puramente strumentale, pensata per stupire l’ascoltatore. La sezione si conclude con una cadenza che rallenta e prepara il cambio di scena.
Il tempo cambia radicalmente: siamo in un metro ternario (simile a una sarabanda lenta o a un’aria). L’atmosfera è lirica, cantabile e malinconica. Il violino disegna una melodia espressiva, quasi vocale, ricca di abbellimenti delicati. Il basso continuo si fa più rarefatto, con la tiorba che sottolinea la dolcezza del momento. Il violoncello sviluppa una propria linea melodica contrappuntistica (un «basso che cammina») creando un dialogo intimo con il violino e dando vita a un momento di pura espressione affettiva.
Si ritorna poi a un metro binario, ma il carattere è ancora diverso. Questa sezione ha la natura di un recitativo operistico: il violino sembra “parlare”, con frasi brevi e interrogative, separate da pause cariche di tensione. Castello utilizza armonie audaci e dissonanze per creare un senso di dramma e instabilità. È la sezione più teatrale del brano, dove la musica segue la logica della retorica parlata.
Un altro cambio repentino ci riporta a un tempo veloce: questa sezione è caratterizzata dallo stile “concitato” (agitato), teorizzato da Monteverdi, con note rapide e ribattute che evocano un’atmosfera quasi guerresca. La scrittura è concertata, ovvero basata sul dialogo imitativo tra le parti. Si può sentire chiaramente un motivo energico che viene scambiato tra il violino solista e la linea del basso continuo. È un dialogo serrato e brillante, in cui le due voci si inseguono e si sovrappongono in un fitto contrappunto.
La sonata si avvia alla conclusione tornando a un tempo lento. Ha inizio con una sezione quasi improvvisativa, che ricorda l’apertura ma con un carattere più risolutivo. La tensione accumulata si scioglie gradualmente. Le frasi si allargano e il pezzo si chiude con una cadenza finale solenne e affermativa, che riporta la stabilità dopo le turbolenze emotive del brano.

Nel complesso, questa Sonata è un’opera straordinaria che racchiude in cinque minuti un intero universo di emozioni e tecniche strumentali. La sua struttura a sezioni contrastanti, l’audacia armonica, il virtuosismo sfrenato e la profonda espressività la rendono un capolavoro dello “stil moderno” e un punto di svolta nella storia della musica strumentale.

Tempo di dormire

Tarquinio Merula (1595 - 10 dicembre 1665): Or ch’è tempo di dormire, «canzonetta spirituale sopra la nanna» per soprano e basso continuo (pubblicata in Curtio Precipitato et altri Capricij composti in diversi modi vaghi e leggiadri a voce sola, 1638). La Venexiana: Monica Piccinini, soprano; Michele Palomba, tiorba; Chiara Granata, arpa; Claudio Cavina, cembalo e direzione.

Or ch’è tempo di dormire,
dormi, figlio, e non vagire,
perché tempo ancor verrà
che vagir bisognerà.
Deh ben mio,deh cor mio, fa
fa la ninna ninna na.

Chiudi quei lumi divini,
come fan gl’altri bambini,
perché tosto oscuro velo
priverà di lume il cielo.

O ver prendi questo latte
dalle mie mammelle intatte,
perché ministro crudele
ti prepara aceto e fiele.

Amor mio, sia questo petto
hor per te morbido letto,
pria che rendi ad alta voce
l’alma al Padre su la croce.

Posa hor queste membra belle,
vezzosette e tenerelle,
perché poi ferri e catene
gli daran acerbe pene.

Queste mani e questi piedi
ch’or con gusto e gaudio vedi,
Ahimé, com’in varii modi
passeran acuti chiodi.

Questa faccia graziosa
rubiconda, or più che rosa
Sputi e schiaffi sporcheranno
con tormento e grand’affanno.

Ah, con quanto tuo dolore,
sola speme del mio core,
questo capo e questi crini
passeran acuti spini.

Ah, ch’in questo divin petto,
amor mio, dolce, diletto,
vi farà piaga mortale,
empia lancia e di sleale.

Dormi dunque, figliol mio,
dormi pur, redentor mio,
perché poi con lieto viso
ci vedrem in Paradiso.

Or che dorme la mia vita,
del mio cor gioia compita,
taccia ognun con puro zelo,
taccian sin la terra e ’l cielo.

E fra tanto, io che farò?
Il mio ben contemplerò,
ne starò col capo chino
fin che dorme il mio bambino.

Sonata in sol maggiore – II

Domenico Gabrielli (1650 - 10 luglio 1690): Sonata n. 1 in sol maggiore per violoncello e basso continuo (pubblicata in Ricercari, canoni e sonate per violoncello, 1689). Hermine Horiot Bellini, violoncello; Giovanni Bellini, tiorba.

Grave – Allegro [1:10] – Largo [3:03] – Prestissimo [4:54]

Elogio della Follia – II

Arcangelo Corelli (1653 - 1713): Sonata per violino e basso in re minore op. 5 n. 12, La Follia (1700). Fabio Paggioro, violino; Massimiliano Ferrati, pianoforte.


Marin Marais (1656 - 1728): Couplets de folies per viola da gamba e basso (1701). La Spagna: Alejandro Marías, viola da gamba solista; Pablo Garrido, viola da gamba per il basso continuo; Juan Carlos de Mulder, tiorba; Ramiro Morales, chitarra barocca; Jorge López-Escribano, clavicembalo.


Reinhard Keiser (9 gennaio 1674 - 1739): Ouverture per il Singspiel Der lächerliche Prinz Jodelet (1726). Das Lausitzer Barockensemble.


E ora, una lectio magistralis di Francesco Di Fortunato:


La Spagnoletta

Anonimo (secolo XVI): La spagnoletta. Valéry Sauvage, liuto.


Anonimo: Spagnoletta, dalla raccolta di danze Il ballarino (1581) di Marco Fabritio Caroso (1526/31 - p1605). Micrologus & Cappella de’ Turchini.


Giulio Caccini, detto Giulio Romano (1546 - 1618): Non ha ’l ciel cotanti lumi, aria a 1 voce e basso continuo (dalle Nuove musiche e nuova maniera di scriverle, 1614); testo forse di Ottavio Rinuccini (1562 - 1621). Montserrat Figueras, soprano; Hopkinson Smith, tiorba; Jordi Savall, viola da gamba; Xenia Schindler, arpa doppia.

Non ha ’l ciel cotanti lumi,
Tante still’ e mari e fiumi,
Non l’April gigli e viole,
Tanti raggi non ha il Sole,
Quant’ha doglie e pen’ogni hora
Cor gentil che s’innamora.

Penar lungo e gioir corto,
Morir vivo e viver morto,
Spem’ incerta e van desire,
Mercé poca a gran languire,
Falsi risi e veri pianti
È la vita degli amanti.

Neve al sol e nebbia al vento,
E d’Amor gioia e contento,
Degli affanni e delle pene
Ahi che ’l fin già mai non viene,
Giel di morte estingue ardore
Ch’in un’alma accende amore.

Ben soll’io che ’l morir solo
Può dar fine al mio gran duolo,
Né di voi già mi dogl’io
Del mio stato acerbo e rio;
Sol Amor tiranno accuso,
Occhi belli, e voi ne scuso.


Giles Farnaby (c1563 - 1640): The Old Spagnoletta (dal Fitzwilliam Virginal Book, n. [CCLXXXIX]). Christopher Hogwood, clavicembalo.


Bernardo Storace (c1637 - c1707): Aria sopra la Spagnoletta (da Selva di varie compositioni d’intavolatura per cimbalo et organo, 1664). Matteo Imbruno all’organo della Oude Kerk di Amsterdam.

Tempo di passagalio

Johannes Schenck (o Johan Schenk; 3 giugno 1660 - p1712): Suite in la minore per viola da gamba e basso continuo op. 6 n. 6 (pubblicato nella raccolta Scherzi musicali, 1701). Bettina Hoffmann, viola da gamba; ensemble Modo Antiquo: Alfonso Fedi, clavicembalo; Luca Franco Ferrari, viola da gamba; Paolo Fanciullacci, violone; Gian Luca Lastraioli, tiorba.

  1. Preludium
  2. Allemande
  3. Courant
  4. Sarabande
  5. Gigue
  6. Gavotte
  7. Rondeau
  8. Boure
  9. Tempo di passagalio

Partire è un po’ morire? – I

Cipriano de Rore (1515 o 1516 - 1565): Ancor che col partire, madrigale a 4 voci (pubblicato nel Primo libro di madrigali a quatro voci di Perissone Cambio con alcuni di Cipriano Rore, 1547); testo di Alfonso d’Avalos. Ensemble Qvinta Essençia: Elia Casanova, soprano; Hugo Bolívar, controtenore; Albert Riera, tenore; Pablo Acosta Martínez, basso.

Ancor che col partire
io mi sento morire,
partir vorrei ogn’ hor, ogni momento:
tant’ il piacer ch’io sento
de la vita ch’acquisto nel ritorno:
et cosi mill’ e mille volt’ il giorno
partir da voi vorrei:
tanto son dolci gli ritorni miei.


Riccardo Rognoni (c1550 - c1620): Ancor che col partire, variazioni strumentali sul madrigale di Cipriano de Rore. Becky Baxter, arpa; Michael Leopold, tiorba; Annalisa Pappano, viola da gamba.

Penar, morir, arder, callar

Juan Hidalgo de Polanco (1614 - 31 marzo 1685): Sólo es querer, «tono humano» (canzone profana). Ensemble La Galanía: Raquel Andueza, soprano; Jesús Fernández Baena, tiorba; Pierre Pitzl, chitarra barocca.

Sólo es querer,
penar, morir, arder, callar,
no merecer y el tormento adorar.
¡Ay, que muero, que vivo, que anhelo!,
por el dulce vivir de que me muero.

Con tanto respeto adoran
mis retirados afectos,
que el propio dolor me asusta,
por ruido y no por tormento.

Callo, peno y no respiro,
y es que si respiro temo,
que aún lo que aliento postrado,
es ofensa del silencio.

Hasta el corazón suspende
todo vital movimiento,
porque su rumor no sienta,
la imagen que está en el pecho.

In mi minore

Giovanni Stefano Carbonelli (9 marzo 1694 - 1772): Sonata in mi minore per violino e basso continuo (n. 9 della raccolta XII Sonate da camera a violino, e violone o cembalo, 1729, dedicata a John Manners, III duca di Rutland). Augusta McKay Lodge, violino; Doug Balliett, violone; Adam Cockerham, tiorba; Elliot Figg, clavicembalo.

  1. Largo
  2. Allegro [2:49]
  3. Adagio [4:50]
  4. Siciliana [5:38]

Se l’aura spira

Girolamo Frescobaldi (1583 - 1° marzo 1643): Se l´aura spira tutta vezzosa, dal Primo Libro d’arie musicali (1630). Alice Borciani, soprano; Sabine Stoffer, violino barocco; Maria Ferré, tiorba; Magdalena Hasibeder, organo.

Se l’aura spira tutta vezzosa
La fresca rosa ridente sta.
La siepe ombrosa di bei smeraldi
D’estivi caldi timor non ha.
A balli liete venite ninfe
Gradite fior di beltà
Orché sì chiaro il vago fonte
Dall’alto monte al mar s’en va.
Miei dolci versi spiega l’augello
E l’arboscello fiorito sta.
Un volto bello ha l’ombra accanto
Sol si dia vanto d’aver pietà.
Al canto ninfe ridenti
Scacciate i venti di crudeltà.

Una Sonata di Alessandro Stradella

Alessandro Stradella (1639 - 25 febbraio 1682): Sonata in re minore per violino, violoncello e basso continuo. Ensemble Consonanze Stravaganti: Linda Przybiernow, violino; Nicola Paoli, violoncello; Andrea Antonel, tiorba.

Stradella, Sonata in re minore

The Protestation & Love’s Constancy

The Protestation: A Sonnet
(Thomas Carew, 1595 - 1640)

No more shall meads be deck’d with flowers,
Nor sweetness dwell in rosy bowers,
Nor greenest buds on branches spring,
Nor warbling birds delight to sing,
Nor April violets paint the grove,
If I forsake [When once I leave] my Celia’s love.

The fish shall in the ocean burn,
And fountains sweet shall bitter turn;
The humble oak no flood shall know,
When floods shall highest hills o’er-flow;
Blacke Lethe shall oblivion leave,
If e’er my Celia I deceive.

Love shall his bow and shaft lay by,
And Venus’ doves want wings to fly;
The sun refuse to show his light,
And day shall then be turn’d to night;
And in that night no star appear,
If once I leave my Celia dear.

Love shall no more inhabit earth,
Nor lovers more shall love for worth,
Nor joy above in heaven dwell,
Nor pain torment poor souls in hell;
Grim death no more shall horrid prove,
If e’er I leave bright Celia’s love.


Love’s Constancy, sul testo di Carew, è fra le composizioni più note di Nicholas Lanier (1588 - 24 febbraio 1666); in rete se ne trovano varie interpretazioni: vi propongo l’ascolto di quelle che mi paiono le più interessanti.

Amanda Sidebottom, soprano, e Erik Ryding, liuto.


Anna Dennis, soprano; Hanneke van Proosdij, clavicembalo; Elisabeth Reed, viola da gamba; David Tayler, chitarra barocca.


La performance del soprano Ellen Hargis accompagnata da Paul O’Dette alla tiorba è accessibile soltanto su YouTube, in quanto il proprietario del video ne ha disattivata la visione in altri siti web. Potete ascoltarla qui.

Anton van Dyck: ritratto di Nicholas Lanier

Anton van Dyck: ritratto di Nicholas Lanier

Zipoli: Sonata per violino

Domenico Zipoli (17 ottobre 1688 - 1726): Sonata in la minore per violino e basso continuo. Luigi Cozzolino, violino; Bettina Hoffmann, violoncello; Gian Luca Lastraioli, tiorba; Alfonso Fedi, clavicembalo.

  1. (Preludio: Largo)
  2. (Corrente: Allegro) [2:23]
  3. (Sarabanda: Largo) [3:53]
  4. (Giga: Allegro) [5:48]

Con furto gentile

Settimia Caccini (6 ottobre 1591 - c1660): Due luci ridenti per voce e basso continuo. Ensemble Laus Concentus: Lavinia Bertotti, soprano; Massimo Lonardi, liuto; Maurizio Piantelli, tiorba; Maurizio Less, viola da gamba.

Due luci ridenti
Con guardo sereno
Di dolci tormenti
M’ingombrano il seno.

Ma lampi d’amore
Rapiscono al core
Con furto gentile
La libertà.

Pur lieto vivrà:
Quest’alma, cantando,
T’adora penando,
Celeste beltà.

Due labbra di rose
Con dolci rossori
Le faci amorose
Promettono ai cori.

Ma in quel bel sereno
S’annida il veleno
Che uccide dell’alme
La libertà.

Lavinia Bertotti (1957 - 2016)

Echo notturna

Bellerofonte Castaldi (c1581 - 27 settembre 1649): Hor che la notte ombrosa, aria per voce e basso continuo (pub­blicata in Primo mazzetto di fiori musicalmente colti dal giardino bellerofonteo, 1623); testo del compositore. Allegoria Ensemble: Elisenda Pujals, soprano; Guzmán Ramos, arciliuto; Robert Cases, tiorba; Hen Goldsobel, violone.

Hor che la notte ombrosa
Con tacito silentio il mondo cuopre,
Tu sola mi rispondi, Echo amorosa.
Ma che? Se quell’empia e crudele,
Se sdegna d’ascoltar le mie querelle,
Dunque chi darà fine a tanti guai?
Tu con lamento mi rispondi
E par che vi nascondi
Che da lei pace non havro già mai.
Se tanto asprezza in lei s’aduna,
Altra dia fine a si crudel fortuna.
Pur troppo il so ch’altri che quella
Non parrà a gl’occhi miei donna più bella,
Onde’l pensier mi parla e dice:
Forse co’l tempo diverrai felice.
Ben lieta sorte ha l’amor mio
Se giunge al fin del suo dolce desio
Tu del mio ben presaga a Dio.

Allegoria Ensemble

La Cecchina

Francesca Caccini, detta La Cecchina (18 settembre 1587 - 1640): Non so se quel sorriso, canzonetta, dal Primo Libro delle musiche a una e due voci (1618). Shannon Mercer, soprano; Luc Beauséjour, clavicembalo; Sylvain Bergeron, tiorba; Amanda Keesmaat, violoncello.

Non so se quel sorriso
mi schernisce o m’affida,
se quel mirarmi fiso
m’alletta o mi diffida.
Gia schernito e deriso
da bella donna infida
non vorrei più che’l core
fosse strazio d’amore.

Non vo’ più per dolcezza
d’immaginato bene
nutrirmi d’amarezza
vivendo sempre in pene,
né per nuova bellezza
portar i lacci e catene,
né gravar l’alma ancella
di inferma novella.

Se tu vuoi ch’io t’adori,
d’amor stella gentile,
ti canti, e ch’io t’onori
su la mia cetra docile,
a più degni tesori
a guiderdon non vile
chiama l’avida speme
che spregiata già teme.

Soffrir’io più non voglio
la ferita crudele
d’un cor cinto d’orgoglio,
d’un anima infedele,
né tra scoglio né tra scoglio
affidar più le vele
della mia libertate
senza certa pietate.


Francesca Caccini: Ciaccona. Luigi Cozzolino, violino; Andrea Benucci, chitarra; Alfonso Fedi, clavicembalo; Francesco Tomei, viola da gamba.

La Soave Melodia e la sua Corrente

Andrea Falconiero o Falconieri (c1585 - 29 luglio 1656): La Suave Melodia e Su Corrente, dal I Libro di canzone, sinfonie, fantasie… (1650). La Musa Armonica: Lina Manrique, viola da gamba; Parsival Castro, tiorba; Diogo Rodrigues, chitarra barocca.

O primavera

Giaches de Wert (c1535 - 6 maggio 1596): O primavera, gioventù de l’anno, madrigale a 5 voci (dall’Undecimo libro de madrigali a cinque voci, 1595, n. 2) su testo di Battista Guarini (Il pastor fido, atto III), parte 1a. Francesca Benetti, tiorba e direzione; Tanja Vogrin, arpa; Giovanna Baviera, viola da gamba; Rui Staehelin, liuto; Ricardo Leitão Pedro, chitarra barocca.

O primavera, gioventù de l’anno,
Bella madre de’ fiori,
D’herbe novelle e di novelli amori,
Tu torni ben, ma teco
Non tornano i sereni
E fortunati dì de le mie gioie;
Tu torni ben, tu torni,
Ma teco altro non torna
Che del perduto mio caro tesoro
La rimembranza misera, e dolente.
Tu quella se’, tu quella
Ch’eri pur dianzi sì vezzosa e bella;
Ma non son io già quel ch’un tempo fui
Sì caro à gli occhi altrui.

Par che di me si pianga e si sospiri – I

Sigismondo d’India (c1582 - 19 aprile 1629): Piangono al pianger mio, dalle Musiche da cantar solo nel clavicordo, chitarrone, arpa doppia (Milano 1609), su testo di Ottavio Rinuccini. Gloria Banditelli, mezzosoprano; Tiziano Bagnati, tiorba; Massimo Lonardi, chitarra barocca.

Piangono al pianger mio le fere, e i sassi
A’ miei caldi sospir traggon sospiri.
L’aer d’intorno nubiloso fassi,
Mosso anch’egli a pietà de’ miei martiri.
Ovunque io poso, ovunque io volgo i passi,
Par che di me si pianga e si sospiri.
Par che dica ciascun, mosso al mio duolo:
Che fai tu qui meschin, doglioso e solo?

Piangono